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di capi, di presentarsi in vicinanza delle coste mediterranee, nelle stesse aree, per fini riproduttivi,
(comportamento filopatrico), con periodicità fissa, in taluni mesi dell’anno, consentì la nascita e lo
sviluppo rapido di tecnologie di avvistamento (tinnoscopi, alture costiere, punti di avvistamento ecc.)
e cattura, di lavorazione e di conservazione, di reti di commercializzazione, sin dai tempi più antichi.
Dal punto di vista storico-antropologico, come è sempre successo nelle attività dell’uomo, il surplus di
produzione spinse verso forme di industrializzazione e di lavorazione del prodotto pescato, provocando
un indotto straordinario in termini di valore aggiunto, dato dalle diverse fasi della lavorazione, della
conservazione e della commercializzazione, con uno sviluppo socio-economico straordinario. Questo
indotto industriale, nel corso dei secoli si è evoluto e migliorato, con l’introduzione di materiali e tecniche
innovative. Nel settore della conservazione, si pensi ad es. al passaggio dalle tecniche di salagione a quelle
del sott’olio e sotto vuoto, avvenute a partire dal 1700. Ma, anche a livello delle tecnologie di cattura,
già al tempo dei Fenici accadde di passare dalle tecniche mirate a catture individuali a quelle verso
catture collettive, cioè di branchi, mediante sciabiche e dopo, mediante reti combinate (sbarramento e
circuizione) e, dopo ancora, mediante trappole fisse o tonnare. In epoca moderna si è arrivati all’uso di
grandi palangresi flottanti alla deriva (long-lines) ed anche di reti a circuizione dette “tonnare volanti”,
collegate con piccoli aerei per l’avvistamento dei branchi e con navi da pesca fornite di potenti salpareti
(power-block). Tali fenomeni di cambiamento evolutivo (o involutivo, a seconda dei punti di vista e
dei momenti in cui si sono verificati) sia per le tecnologie di pesca che per quelle di conservazione e
di lavorazione del prodotto, non furono mai riscontrabili per nessun altra specie ittica marina. Oggi,
una gestione più attenta e severa sulla sostenibilità della risorsa, sulla base delle indicazioni ICCAT
(International Commission for the Conservation of Atlantic Tuna) ha portato all’abolizione degli aerei di
avvistamento ed al forte ridimensionamento d’uso delle tonnare volanti, spesso causa di grandi catture
di giovanili immaturi. Tratterò qui brevemente di alcuni aspetti e di talune problematiche ancora aperte,
malgrado la tanta ricerca che è stata svolta e la vasta letteratura prodotta sull’argomento, integrando le
conoscenze con le osservazioni dirette sviluppate in anni di ricerca presso le tonnare siciliane negli anni
’60. Va detto che una sintesi bibliografica al 2012 conta un totale di 1.236 titoli in diverse lingue. I titoli
riguardano diversi aspetti della biologia, della storia e cultura, relativamente al tonno rosso atlanto-
mediterraneo o tonno a pinna blu, relativamente alla pesca mediante tonnare (Di Natale, 2012).
1. Abbondanza della risorsa tonno: cultura, economia ed industria
La risorsa tonno si presentava annualmente così abbondante che gli antichi popoli del Mediterraneo,
sin dai tempi più remoti, dipinsero ed effigiarono questo animale anche in monete (Fig. 2), non si sa se
con spirito propiziatorio, di gratitudine o di celebrazione o di tutti questi sentimenti assieme. Così nella
“Grotta del Genovese” a Levanzo, una delle Isole Egadi, è raffigurato, assieme ad altre figure, il tonno
rosso. Si tratta di pitture rupestri dell’età del
bronzo (eneolitico o cuprolitico). Va detto che
Levanzo e le altre isole Egadi, cioè Favignana
e Formica e tutta la costa che comprende il
Golfo di Castellammare, Custonaci e tutta l’area
trapanese, furono annoverate dai Romani tra le
terre cosiddette “cetarie”, che è come dire “terre
da tonni”. La radice di questa parola è, infatti,
“cete” (ketos), grande animale marino, come
sono appunto i Cetacei che zoologicamente
indicano oggi i Mammiferi marini, mentre
i tonni sono pesci della super famiglia degli
Fig. 2 – Monete fenicie ritrovate in Sardegna raffiguranti tonni. Scombriformi, fam. dei Tunnidi. Lo stock
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