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in modo cadenzato sollevano la pesante culica della tonnara è un documento di straordinaria importanza
etnologica. S’invocano Gesù Cristo e tutti i santi, ma anche Allah perché le prime due parole “Aja mola”
sono una deformazione siciliana di “Ai ya mawla” che in arabo significa “O mio Signore”. Il fatto è che
la tonnara, con quel che comporta in termini di reti, ancore, barche, mezzi vari, artigiani e pescatori
specializzati, famiglie ed indotto, con i suoi riti, e la sua storia porta l’impronta delle civiltà che l’hanno
usata. Queste civiltà sono la fenicia, la greca, la romana e dopo la bizantina, l’araba e la normanna, fino
ad arrivare alla moderna civiltà dei secoli post-rinascimentali ed alla nostra contemporanea. Aggiungo
che quando le azioni e le attività umane si ripetono, ma si evolvono, quando si coagulano nel tempo
riti e tradizioni, quando si forma un vocabolario unico ed originale per tutti gli aspetti che riguardano
gli attrezzi, gli animali, l’ambiente e gli uomini, siamo davanti ad un blocco antropologico-culturale
che abbiamo il dovere di capire, spiegare, conservare e tramandare, se possibile. Ne deriva anche la
necessità di una rilettura delle scoperte ed osservazioni degli antichi studiosi per capire, alla luce delle
conoscenze che abbiamo oggi, quanto ci sia di vero e reale e quanto di immaginario e fantastico in
quello che ci hanno tramandato. Ma questa rivisitazione meriterebbe un altro articolo.
3. La tonnara in epoca moderna
Una descrizione dettagliata della tonnara siciliana, come si utilizzava fino agli anni ’60 del secolo
scorso, si trova in Foderà (1961), di cui ho curato gran parte dei disegni. Va detto anzitutto che le parti
fondamentali di una tonnara sono due: il pedale e l’isola o corpo. Il pedale è la rete di sbarramento che
va dalla costa all’isola. Quest’ultima è l’insieme di camere che si snodano dalla testa di levante alla testa
di ponente dell’isola stessa. Tra una camera e l’altra c’erano le cosiddette porte. In corrispondenza
dell’aggancio del pedale all’isola, si trova la grande camera vestibolare o vestibolo, dove si apre la bocca
della tonnara o foratico. Alla destra del vestibolo, cioè a “levante” nel linguaggio dei tonnaroti, si
trovavano due camere dove, a volte, i tonni entranti si rifugiavano oppure volutamente venivano
dirottati, se il branco entrato era numeroso. A sinistra della camera vestibolare (cioè a ponente) si
contavano altre tre
camere più la camera
della morte dove avveniva
l’uccisione dei tonni o
mattanza. Tutte queste
camere erano utili per
suddividere la massa dei
tonni entrati in tonnara,
massa che in altre epoche
poteva essere costituita
da diverse centinaia di
individui. Bisognava
quindi adottare un
sistema di mattanze
frazionate, sia per non
ingolfare le fasi di
lavorazione nello
stabilimento a terra, sia
per questioni di controllo
del mercato e dei prezzi,
sia per non appesantire il
Fig. 7 – Tonnara semplificata con codardo ristretto e pedale corto (da Bombace e Lucchetti, lavoro di mattanza. A
2011).
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