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In situazioni con esperienza consolidata le aree protette costituiscono il
giusto passo che permette una simbiosi tra piccola pesca tradizionale e
maricoltura, tra turismo e ricerca scientifica, tra divulgazione naturalistica
e divertimento, tra protezione ambientale e sviluppo economico.
Un’area protetta è un laboratorio che permette alla collettività presente
sul territorio di vivere in armonia con il proprio ambiente.

   Lo sviluppo e la tutela degli ambienti marini protetti vanno inquadrati
nella più ampia necessità di una gestione del mare più razionale, mirata
alla sua conservazione come risorsa ecologica ed economica. La
salvaguardia di queste zone di particolare interesse naturalistico non va
ridotta soltanto alla protezione dall’eccessivo sfruttamento alieutico, ma
deve essere sicuramente integrata dalla limitazione e prevenzione degli
impatti degli inquinanti di origine terrestre.

   La necessità di interventi volti ad arginare gli impatti antropici sugli
ambienti marini costieri in generale, e di interesse naturalistico in
particolare, è sempre più tradotta nella ricerca di interventi ad ampio
raggio, in cui vige la interterritorialità, sia dal punto di vista dei soggetti
istituzionali coinvolti (Comuni, Regioni, Stati), sia dal punto di vista
dell’analisi dei fenomeni inquinanti.

   Non a caso il Ministero dell’Ambiente, emanando il D.L.vo 11 maggio
1999, n.152, ha voluto inserire in un unico testo di legge le disposizioni
sulla tutela delle acque dall’inquinamento, il trattamento delle acque
reflue urbane, la protezione delle acque dall’inquinamento provocato
dai nitrati provenienti da fonti agricole, accomunando in un’unica
disciplina generale la tutela delle acque superficiali, marine e
sotterranee, le cui problematiche, se pur possono essere diverse, sono
legate da uno stretto rapporto di consequenzialità, “sfociando” le une
nelle altre.

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