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1.1 Cenni storici sulla frutticoltura delle isole della Sicilia
Francesco Sottile, Ettore Barone, Tommaso La Mantia
La Sicilia è notoriamente terra di un’agricoltura antica e attualmente anche di un’agri-
coltura estremamente diversificata e polifunzionale. A garanzia del mantenimento
della elevata diversificazione si pone un’orografia estremamente variabile, con l’assen-
za di ampi territori uniformi che sono invece limitati a poche aree agricole regionali.
Sulla diversità orografica si stratifica una diversità pedologica e climatica alla quale
consegue una diversità di vegetazione, che contribuisce non poco alla diversità
dell’agricoltura attraverso la “domesticazione” di specie selvatiche (‘cappero’,
‘mandorlo’, ‘olivo’) ma anche grazie ai flussi genici generatisi nel tempo.
La localizzazione dell’Isola al centro del Bacino del Mediterraneo ha assegnato, infatti,
connotati ben definiti che fanno della Sicilia un centro di raccolta di una consistente
biodiversità, sia vegetale che animale, che è oggetto da tempo di studio, di valorizzazio-
ne, di conservazione, di raccolta.
Quanto detto viene esaltato ancor più nelle piccole isole a motivo della forte eteroge-
neità e delle loro caratteristiche peculiari. Si pensi alle differenze tra Lampedusa e
Linosa accomunate geograficamente in un unico arcipelago, quello delle Pelagie, ma
di fatto diverse per storia naturale ed umana.
La biodiversità di interesse agrario che si è ad oggi conservata, offre una molteplicità
di esempi validi che dimostrano l’interesse agronomico, commerciale ed economico
che essa assume a livello regionale in tempi moderni. La Sicilia offre, ad esempio, un
consistente paniere di prodotti legati a marchi comunitari (IGP, DOP, ecc.) come
anche a marchi privati (ad es. Presìdi Slow Food) basati, in larga misura, sull’esistenza
e sulla valorizzazione di molti prodotti della tradizione regionale. Tale consistenza non
nasce dal nulla ma deriva da un continuo lavoro condotto nella direzione del
reperimento, dello studio, dell’individuazione delle migliori forme di valorizzazione di un
patrimonio di inestimabile valore la cui vastità non sembra avere limiti ancora
compiutamente definiti e concreti.
Da oltre 50 anni la comunità scientifica che opera a livello regionale si è ritrovata
impegnata nel tentativo di trovare elementi di chiarezza utili a definire la consistenza
dell’agrobiodiversità siciliana; innumerevoli approfondimenti scientifici hanno messo in
evidenza che il lavoro di reperimento e di caratterizzazione del patrimonio autoctono
non trova limitazioni soprattutto quando si operi in collaborazione con le comunità
locali, con gli agricoltori e con i depositari dei “saperi” agricoli. Le ultime indagini nel
comparto frutticolo, in tal senso, hanno messo in evidenza un consistente patrimonio
ancora reperibile di cui molto ancora è da caratterizzare. Una consistente diversità
biologica è legata alle pomacee, soprattutto al pero, mentre è sempre più interes-
sante notare la grande variabilità di ecotipi di fruttiferi minori – fico, melograno, sorbo,
azzeruolo, giuggiolo, ed altri – parte integrante di un paesaggio frutticolo che trova
ancora collocazione in alcuni areali dell’Isola. Sono soprattutto le aree a parco, a
riserva, declive, orograficamente difficili, lontane dalle zone pianeggianti e costiere,
quelle che mantengono e conservano ancora una consistenza evidente di biodiversità
vegetale, aree che sono rimaste ben distanti dal parallelo processo di intensificazione
della frutticoltura che si è spesso tradotta nella omologazione delle specie, delle
varietà e dei sistemi di impianto più redditizi ancorché legati a configurazioni comples-
sive non tradizionali e in situazioni ben definite.
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