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1.2 Il paesaggio agrario delle isole circumsiciliane
Tommaso La Mantia, Giuseppe Barbera, Paolo Inglese, Francesco Sottile
Se facciamo nostra la definizione di paesaggio della Convezione europea del paesag-
gio che lo definisce “zona o territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o
dai visitatori, il cui aspetto o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o cultu-
rali (antropici)”, è impossibile trattare assieme il paesaggio di tutte le isole minori che
circondano la Sicilia. Storia naturale e storia umana fanno di queste isole un coacervo
di sistemi naturali e agrari su cui si sono ‘abbattuti’ recenti e spesso infelici cambia-
menti. Possono essere individuate alcune specifiche similitudini ambientali e storiche -
ad esempio per le Eolie - ma poi le singole isole hanno subito in tempi recenti (mal)
trattamenti tali da rendere irriconoscibili e comunque confusi tutti i tratti comuni origi-
nari. Partendo dalla più lontana delle Pelagie, Lampedusa, i caratteri ambientali sono
quelli della vicina Tunisia; l’isola - 20,2 km², la quinta per estensione delle isole minori
che circondano la Sicilia - è infatti considerata un componente della piattaforma conti-
nentale africana. A ricordarcelo sono i caratteri morfologici con gli ‘uadi’ (dall’arabo
wādī, fiume o letto del fiume); la natura dei suoli poco profondi che evolvono su un sub-
strato calcareo compatto, la ventosità costante che fa scrivere al Calcara (1846), a
proposito di Lampedusa, “siccome l’isola trovasi continuamente battuta dai venti
perché piana, gli alberi quantunque di loro natura tendono ad ascendere perpendico-
larmente i loro fusti, pure sono impediti a prendere la naturale direzione per la furia
dei venti, infatti quando giungono ad una mediocre altezza si curvano secondo la dire-
zione dei venti più predominanti”. Sono tutti aspetti che hanno costretto gli agricoltori
ad ergere sistemi di difesa e controllo della piovosità realizzando un accurato sistema
di muretti a secco soprattutto dentro gli ‘uadi’ mentre i pianori erano destinati ad una
fiorente pastorizia (cfr. La Mantia et al., 2009a) sebbene anch’essi in parte chiusi da
muretti a secco. Ma questo volto dell’isola è ‘recente’ essendo la trasformazione
dell’isola, originariamente boscosa (Pasta & La Mantia, 2002, 2003), frutto di una
pianificata azione di ‘colonizzazione’ attuatasi nella metà dell’Ottocento. I muretti a
secco sono stati implementati dall’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana,
che per avviare gli interventi di rimboschimento ha dovuto cingere le aree per difende-
re le piantine. Seppur discutibile alla luce delle conoscenze recenti (Pasta & La
Mantia, 2001; Pasta et al., 2012), l’opera di rimboschimento è stata certamente
imponente e caratterizza oggi parte dell’Isola. Il paesaggio dell’Isola è quindi definito da
alcuni caratteri di unicità che sono stati però totalmente stravolti da una urbanizzazio-
ne folle che non ha risparmiato neppure le aree seminaturali; unico argine la Riserva
naturale orientata e, oggi, l’istituzione del Sito di Importanza Comunitaria. Quel che
colpisce di quest’Isola è, complice l’urbanizzazione e la morfologia, che può essere
visitata superficialmente senza pensare che essa abbia un ‘suo’ paesaggio agrario e
naturale che pure è presente e meritevole di tutela (La Mantia et al., 2012).
La contrazione di questo paesaggio è anche il risultato di un cambiamento sociale
importante dipendente altresì dalla progressiva perdita di fertilità dei suoli che ha
trasformato i contadini in pescatori stagionali (estivi) a pescatori a tempo pieno tra
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