Page 8 - Quaderno_nat_bio05_2013
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Quello che risalta in questo scenario è la inquietante scarsità di studi e ricerche nelle
piccole isole dove, invece, una diversità frutticola straordinaria rischia di sparire
adesso che la consapevolezza della sua importanza è un fatto assodato.
La Sicilia e le sue isole.
Come accennato, la posizione nel cuore del Bacino del Mediterraneo ha fatto sì che la
Sicilia fosse terra di conquista e di passaggio con inevitabile mescolanza di culture e
tradizioni molto diversificate; il peregrinare di molti popoli ha caratterizzato, infatti, il
territorio dell’Isola e con essi una molteplicità di specie, varietà, sementi ma anche di
tecniche agronomiche, sistemi di coltivazione e, talvolta, metodi di trasformazione che
hanno influenzato i consumi locali, le tradizioni gastronomiche e la cultura alimentare.
In tal senso, la Sicilia ha rappresentato spesso la via di ingresso in Europa delle specie
o delle varietà frutticole provenienti dall’originario continente asiatico che, attraverso
l’areale della Mezzaluna fertile, hanno raggiunto le aree del Medio Oriente e quindi,
grazie al passaggio nord africano, hanno raggiunto il vecchio continente. Valga per
tutti il caso dell’olivo che finisce per caratterizzare (secondo la felice definizione di
Braudel), assieme al grano e alla vite l’ambiente mediterraneo stesso come
“indicatore biologico” della medesima civiltà. Gran parte delle specie introdotte, grazie
alla profonda diversificazione climatica che è presente sull’Isola, ha trovato possibilità
di ambientamento e la loro presenza si è consolidata con consistenze evidentemente
diverse in funzione della maggiore o minore vastità di ambienti idonei alla coltivazione.
In questo senso le piccole isole hanno svolto un ruolo affatto subordinato a quello del-
l’Isola madre; si pensi agli scambi autonomi tra Lampedusa e l’arcipelago maltese e la
Tunisia o tra quest’ultimo paese e Pantelleria; o ancora tra l’arcipelago delle Eolie e la
vicina costa campana che probabilmente ha giocato un ruolo nel diffondere le varietà
note nella Conca d’Oro come “napulitani” (loti, melograni, ecc.) o ancora le Egadi con i
contatti con i Fenici.
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