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Il concetto di adattabilità trofica si fa risalire a Hartley (1948) che analizzò
la versatilità alimentare della comunità ittica presente in due ambienti fluviali
inglesi (River Cam e Shepreth Brook, UK). Con adattabilità trofica si intende
la capacità da parte di una specie di trarre vantaggio energetico da risorse
alimentari diverse in differenti momenti. Secondo Angermeier (1982) vi è una
maggiore affinità tra le diete di specie diverse che condividono lo spazio e
sono catturate nella stessa stagione, piuttosto che all’interno della stessa
specie catturata in stagioni e siti differenti. L’adattabilità quindi si riferisce alla
flessibilità trofica delle specie che permette loro di adeguarsi all’eterogeneità
ambientale. L’eterogeneità caratterizza, infatti, tutti gli ecosistemi e
comprende fattori prevedibili, perché legati ai cicli giornalieri e stagionali, e
fattori imprevedibili quali il rischio di predazione ed i fattori abiotici. Pertanto,
la plasticità trofica può essere considerata un meccanismo adattativo che
attribuisce alle specie ittiche un’elevata flessibilità nel rispondere a variazioni
sito-specifiche (anche a piccola scala spaziale) delle disponibilità di risorse
energetiche.
Come evidenziato nel pre-modello, l’istituzione di aree marine protette
innesca una serie di trasformazioni sugli ecosistemi: l’aumento delle
biomasse e delle taglie delle specie ittiche bersaglio determinano modifiche
sulla struttura trofica e sui livelli trofici di appartenenza delle specie. Dal
momento che isotopi stabili di carbonio ed azoto costituiscono degli ottimi
descrittori della struttura trofica e dei livelli trofici dei consumatori, i risultati
attesi dalla realizzazione del presente progetto (i.e. mancanza di un evidente
effetto del “livello di protezione” sulle variabili indagate) si discostano da
quanto ipotizzato nel premodello: sembra che la naturale variabilità spaziale,
già evidenziata da altri autori (Thomas & Cahoodn, 1993; Jennings et al.,
1997), sia il fattore principalmente coinvolto nelle osservate differenze tra le
aree di indagine, mentre l’effetto “riserva”, dovuto alle attività di protezione
non sembra influenzare le variabili indagate nella AMP “Isole Egadi”.
A nostro avviso due interpretazioni possono spiegare i risultati ottenuti:
- da un lato va considerato che la AMP “Isole Egadi” è di istituzione
relativamente recente (1998), per cui potrebbe essere ipotizzabile che fino ad
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