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condizioni affinché i resti di un patrimonio biologico, un tempo certamente più

ricco, possa essere conservato e opportunamente valorizzato.
   La vegetazione delle coste rocciose della Sicilia e delle isole circostanti,

analogamente a quanto avviene in tutto il bacino del Mediterraneo, risulta
fisionomizzata da un nutrito contingente di camefite e nanofanerofite alofile,
molte delle quali ad areale puntiforme o abbastanza limitato. In particolare il

genere Limonium, con 41 specie, risulta essere quello meglio rappresentato e con

la più alta incidenza di endemiti che caratterizzano e differenziano le diverse
comunità vegetali.

   Anche le coste sabbiose, nonostante la maggiore fragilità e suscettibilità alle
trasformazioni rispetto alle altre, risultano ancora ben rappresentate particolarmente
nella porzione meridionale, dove improntano ancora il paesaggio litoraneo e
conservano elementi biologici di notevole interesse naturalistico, divenuti
estremamente rari in altri litorali italiani.

   Le minacce di ulteriori danni a carico dei residui cordoni dunali , viste le
norme ormai esistenti a difesa dell'ambiente costiero, provengono da discutibili
interventi di forestazione e dagli allarmanti fenomeni di erosione che
incombono sull'intero habitat. In particolare gli interventi di imboschimento,
operati diffi.1samente con le finalità di stabilizzare le dune e di difendere dalla
salsedine le colture praticate nella fascia retrodunale, hanno sortito il risultato
di sostituire le comunità climagiche a sclerofille con impianti di specie per lo
più esotiche, di scarso valore paesistico e naturalistico come Pinw halepensis,
Acacia cyanophylla ed Eucalyptus camaldulensis, che ostacolano ogni accenno
di ripresa dei processi dinamici orientati in senso evolutivo. Inoltre, quasi
sempre questi interventi sono stati preceduti da disboscamento e spianamento
delle dune, operazioni principalmente finalizzate all'insediamento delle colture
protette.

   Per quanto riguarda il fenomeno erosivo, va evidenziato che in Sicilia esso
sembra maggiormente interessare le spiagge sabbiose della costa settentrionale,
dove in alcuni casi si è assistito all'improvviso arretramento di decine di metri
della linea di costa. Tra gli esempi emblematici di queste gravi forme di dissesto
si ricordano la scomparsa della spiaggia tra Capo d'Orlando e Gioiosa Marea,
nel Messinese, e del litorale di Campofelice di Roccella nel Palermitano.

   Gli ambienti palustri e lacustri costieri, connessi con i litorali sabbiosi, sono
alimentati da piccoli corsi d'acqua a carattere torrentizio, che ne garantiscono
l'inondazione soltanto durante il periodo delle piogge. Parre di questi ambienti
salmastri, in epoche storiche sono stati traSformati in saline, ancora oggi coltivate;
altri, come già accennato sono stati bonificati.

   Quelli ancora esistenti, non interessati da interventi di canalizzazione e
bonifica, proprio per le caratteristiche di insalubrità che rendevano queste aree
urilizzabili da parte dell'uomo, hanno assunto il ruolo di oasi di conservazione

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