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X. 9. La musica di tradizione orale          191




            o violoncello) o la chitarra. Le denominazioni ninnariddaru, ovvero suonatore di nin-
            nareddi (tradizionali sonate legate alla celebrazione del Natale), e nuviniddaru (lett.
            ‘novenatore’) pongono in relazione questi musici con le principali occasioni del loro
            operare, appunto le novene (nuveni) che si svolgevano lungo tutto l’arco dell’anno
            presso le abitazioni dei devoti (parrucciani) e che culminavano in quella più richiesta
            e meglio retribuita: la novena di Natale. Scomparsi gli orbi verso la fine del secolo
            scorso, le novene continuano oggi a essere eseguite dagli zampognari e da orchestrine
            variamente costituite. Cantastorii è termine ricalcato dall’italiano e utilizzato nel No-
            vecento per indicare quanti operavano individualmente, spostandosi nei vari centri
            dell’Isola per narrare cantando i fatti legati all’attualità politico-sociale con l’ausilio
            di chitarra e cartellone. Cantaturi è termine generico per cantore, mentre lamentatura
            (lamentatori) sono chiamati in ampie aree della Sicilia i cantori specializzati nel re-
            pertorio della Settimana Santa. Rripitiatrici o cianciulini si chiamavano invece le
            donne specializzate nella lamentazione funebre a pagamento, già rare nell’Ottocento
            e del tutto scomparse nel secolo scorso.
               In ambito popolare si usano, oggi come in passato, sia strumenti di produzione in-
            dustriale sia strumenti costruiti dagli stessi suonatori o da artigiani specializzati. Tipici
            dell’ambiente rurale sono le zampogne (ciarameddi), i flauti di canna monocalami
            (friscalettu, fràutu, frischittu) o bicalami (fràutu a pparu), il tamburello (tammureddu),
            il cerchietto (cischettu, cìmmulu), il triangolo (azzarinu) e lo scacciapensieri (deno-
            minato in modi diversi, tra i quali prevalgono marranzanu, ngannalarruni e mariolu).
            Cordofoni (chitarre, violini, mandolini ecc.), organetti e fisarmoniche, pur non essendo
            ovviamente strumenti di produzione “folklorica”, sono ampiamente utilizzati in ogni
            contesto. Va inoltre ricordato il tammurinu, ovvero il grande tamburo bipelle retto a
            bandoliera e percosso con bacchette di retaggio islamico-berbero, come tra l’altro se-
            gnalano le denominazioni tabbali e tabbala tuttora in uso a Marsala (TP) e a Militello
            Rosmarino (ME). Non esistono termini specificamente siciliani per indicare i suonatori
            di strumenti musicali (tutti genericamente detti sunatura), fatta eccezione per gli zam-
            pognari (ciaramiddara) e per i suonatori di tamburo (tammurinara): figure “profes-
            sionali” le cui prestazioni sono normalmente retribuite. Un ampio lessico specifico
            viene invece impiegato per designare i generi di canto, i balli, gli strumenti musicali
            e le loro parti, oltre a svariati aspetti pertinenti al comportamento musicale sui piani
            formale, funzionale ed estetico (cfr. Favara 1957 e Bonanzinga 1995).
               Il termine canzuna si usa in riferimento al genere di canto più comune, di norma
            composto da otto endecasillabi a rima alternata (“ottava siciliana”, ma ricorrono anche
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