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            testi di quattro, sei o dieci versi). Altro genere di canto monostrofico è il ciuri (lett.
            fiore) o sturnellu (stornello), articolato in terzine endecasillabe a rima unica, dove però
            il verso iniziale può anche essere quinario. Versi più brevi, dal settenario al novenario,
            ricorrono in altri componimenti come le arii (arie) o canzunetti (canzonette), che pos-
            sono presentare estensioni variabili secondo la tematica trattata e spesso denotano una
            matrice letteraria (a volte ne sono anche noti gli autori, come nel caso delle canzonette
            settecentesche di Giovanni Meli). I canti narrativi, di argomento sacro (nuveni, mirà-
            culi, raziuni, parti) o profano (storii, liggenni), possono essere articolati in terzine,
            quartine, sestine oppure ottave e la misura dei versi può essere lunga (endecasillabi)
            o breve (ottonari, novenari). Tra i canti narrativi un genere particolare è rappresentato
            dai cuntrasti (contrasti): sfide poetiche fra due contendenti che possono avere carattere
            comico-satirico oppure erotico (come nel celebre esempio medievale Rosa fresca au-
            lentissima di Cielo d’Alcamo). Altri generi poetici come ninnananne e filastrocche si
            basano su endecasillabi o versi brevi variamente raggruppati. I richiami vocali dei ven-
            ditori e degli artigiani ambulanti (abbanniati, bbanniati, vanniati), oppure dei contadini
            che incitano gli animali durante la trebbiatura del grano (pisata), solo in poche circo-
            stanze presentano strutture strofiche regolari (distici o quartine), mentre di norma se-
            guono andamenti metrici liberi. La medesima libertà metrica caratterizza l’andamento
            dei lamenti funebri (chianti, rrèpiti, arripitiatini, rriòrditi, trìuli), di norma intercalati
            da espressioni gridate di dolore (si dice ittari vuci).
               Sotto il profilo esecutivo si rilevano le seguenti modalità: a) canto a voce sola
            (monodico, come i canti dei carrettieri o le ninnananne); b) canto a voce sola con ac-
            compagnamento stru mentale, che può essere fornito da strumenti quali chitarra e vio-
            lino (tipici della tradizione dei cantastorie) oppure da zampogne, organetti e
            scacciapensieri (più prossimi all’ambiente agro pastorale); c) canto a più voci, artico-
            lato secondo diversi gradi di complessità (le combinazioni più frequenti sono coro
            all’unisono, proposta solista e risposta corale, polivocalità “ad accordo” o “a parti”);
            d) musica strumentale legata alla danza o a circostanze rituali, come sono le pasturali
            per zampogna connesse alla celebrazione del Natale. I canti a più voci sono talvolta
            accompagnati da strumenti e non mancano esempi di canto improvvisato a “botta e
            risposta” (a ppuisiari, lett. ‘a poetare’), come i ciuri di pipi (fiori di peperone) del
            Messinese, accompagnati da organetto o da orchestrine comprendenti di solito chi-
            tarra, violino e mandolino.
               Le canzuni possono essere intonate secondo svariate inflessioni melodiche definite
            noti (note) o, più raramente, moti (modi). La denominazione di ogni nota rinvia di
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