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Ignazio E. Buttitta
sempre nuove esigenze producendo risposte diverse e variabili nel tempo (Bra-
vo, 1992: 19; Comba, 2008: 9 ss.). Nella prassi, in sostanza, i riti festivi incontrano
sempre uomini nuovi e nuove idee, e si scontrano, oggi, con una realtà sempre
più “liquida”, frammentata in sub-sistemi e in difetto di centri propulsivi di pro-
duzione del senso chiaramente circoscrivibili e identificabili (Luhmann, 1991;
Bauman, 2002). La festa patronale che per “alcuni” è il luogo e il momento per
entrare in diretto contatto con la potenza del Santo e per rivolgergli la supplica
di guarigione o soluzione di un problema, per “altri” è l’occasione per ricono-
scersi e per sentirsi detentori di una “tradizione”, di un fatto unico e importante,
che come tale può essere offerto sul mercato e divenire l’icona mediatica della
comunità. Come rileva Ariño
«in realtà ciascun individuo decide la propria forma di inserimento e il
proprio grado di implicazione, ma il “pubblico” della festa – attori e spetta-
tori – è dato tanto dagli abitanti locali, quanto dai pendolari e dai visitatori in
situ (questi ultimi forestieri in misure diverse) che possono “sintonizzare”
la festa grazie ai mezzi di comunicazione» (Ariño, 1997: 17).
Esemplari in tal senso, per la precoce mediatizzazione e turistizzazione, che
pure non è ancora esitata in desacralizzazione, i “Misteri” pasquali di Trapani e
gli “altari” di San Giuseppe di Salemi. E in proposito va anche ricordata la “con-
vivenza” della festa patronale di San Vito (15 giugno) con il Cous cous fest (fine
settembre) a San Vito Lo Capo, quella della festa patronale di San Giovanni (24
giugno) con la “Sagra del pesce” (10-12 agosto) a Pozzallo, e ancor più significa-
tivamente, perché svolte in contemporanea, quella della festa di San Giuseppe
con la “Sagra della seppia” a Donnalucata. Accanto alle cerimonie religiose tra-
dizionali convivono, dunque, integrandovisi più o meno organicamente, occa-
sioni festive connesse all’introduzione di nuovi culti pubblici e, più spesso, di
carattere esclusivamente profano. Non può dirsi, senza forzare la realtà dei fatti,
che le nuove feste si propongano come sostitutive, piuttosto che esse, sorte per
soddisfare nuove istanze relazionali e socio-economiche, si integrino con la real-
tà preesistente dando però luogo, nella più parte dei casi, a sintesi instabili. Si os-
servano così, al di sotto dell’apparente ordinato susseguirsi di eventi comunitari
religiosi o profani, feste che continuano tradizioni religiose precedenti e sono
prioritariamente rivolte e partecipate dalla comunità dei fedeli e feste, anche a
carattere religioso, che sono essenzialmente realizzate e modulate a vantaggio
di un pubblico esterno (gli emigrati, i turisti, ecc.) e, pertanto, maggiormente
sottoposte alla trasformazione (Tak, 2000: 348).
Le attuali forme rituali, a prescindere dai sensi e dalle funzioni che a ciascuna
festa possono essere ascritti, sono dunque oggi più che mai esito di un conti-
nuo processo di elaborazione, di interazione e di negoziazione tra forze diverse,
endogene (municipalità, parrocchia, confraternite, associazioni, ecc.) e esogene
(Assessorato regionale del Turismo, Confcommercio, Federalberghi, ecc.) che
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