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Ignazio E. Buttitta

delle tonnare fisse, secondo le tradizioni locali» (L. R. 1/10/1998, n. 25, art. 1) –
con la loro effettiva e immediata ricaduta economica sulla comunità, si dovrebbe
concludere che questo impegno contributivo può ascriversi al vasto insieme dei
dissennati sprechi “assistenzialistici” di risorse pubbliche che ha caratterizzato
per anni la politica siciliana. Eppure, mettendo tra parentesi l’aspetto squisita-
mente economico (e le complesse e talora incomprensibili scelte della politica
regionale) e guardando alle ricadute socio-culturali, può dirsi che non è stato
affatto così. Nonostante una rifunzionalizzazione dagli esiti economicamente
poco significativi, la “mattanza”, oltre a farsi valore aggiunto per un’Isola dal
mare bello come quello di molte altre isole e di molte altre località balneari sici-
liane, oltre cioè ad essere di fatto la ragione per cui Favignana gode di notorietà
in tutto il mondo (ogni anno giungevano giornalisti delle più diverse testate e
troupes televisive da vari paesi europei e extraeuropei per documentare la “tradi-
zionale” pesca del tonno), costituiva per molti degli abitanti di Favignana la ra-
gione stessa per sentirsi tali: in quanto loro “memoria collettiva” vivente, “figura
del ricordo” annualmente ripresentificata, deteneva una straordinaria valenza
coesiva e identitaria e dava un senso, altrove non più attingibile, alla loro vita. I
Favignanesi si sentivano “importanti” perché avevano la “mattanza”. Nota As-
smann, riprendendo Halbwachs (1952, 1987):

                      «la memoria collettiva è insita nei suoi fruitori e non si può trasferire a
                  piacere. Essa è dunque concreta non solo spazialmente e temporalmente,
                  ma anche in relazione all’identità: ciò significa che essa si riferisce esclusiva-
                  mente alla prospettiva di un gruppo reale e vivo. […] Il gruppo sociale che
                  si costituisce come comunità del ricordo conserva il proprio passato soprat-
                  tutto da due punti di vista: la specificità e la durata. Anzitutto, nell’immagi-
                  ne che esso costruisce di sé sono sottolineate le differenze rispetto all’ester-
                  no, mentre quelle interne vengono attenuate. Inoltre, esso produce “una co-
                  scienza della propria identità attraverso il tempo”, cosicché i fatti ricordati
                  vengono costantemente selezionati e inquadrati in base a corrispondenze,
                  somiglianze e continuità. Nel momento in cui un gruppo divenisse con-
                  sapevole di un proprio mutamento decisivo smetterebbe di esistere come
                  tale, lasciando il posto a un gruppo diverso. Ma poiché ogni gruppo aspira
                  alla permanenza, esso tende a smorzare per quanto possibile i cambiamenti
                  e percepire la storia come una durata inalterabile» (Assmann, 1997: 14-15).

    Questo processo è tanto più efficace in quanto dotato di capacità “ricostrutti-
ve” e “inventive”, ossia capace di selezionare, recuperare e risignificare gli ele-
menti del passato in funzione delle esigenze presenti nonché di dotare di inesi-
stenti radici nuove pratiche e credenze legandole a un «passato storico opportu-
namente selezionato» (Assmann, 1997: 16-17; Hobsbawm-Ranger, 1994).

    Costituendosi come icona capace di raccogliere e riformulare una eredità cul-
turale tanto per “sé” che per gli “altri”, la “mattanza” era un “marchio”, unico e

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