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Alla fiera della memoria. Feste, identità locali e mercato culturale in Sicilia
questi centri. L’interesse rivolto dalle comunità locali alle loro tradizioni cultuali,
in quanto spazio-tempo di riproduzione di un’appartenenza comunitaria (nella
riaffermazione di una memoria culturale che legittima il proprio esserci) e di
accesso privilegiato e diretto alle sacre potenze (che offrono garanzie e risposte
ai problemi irresolubili nella prassi), si incontra, infatti, non di rado in maniera
conflittuale, con l’esigenza di offrire un’originale e accattivante immagine dei
propri contesti volta a catturare quei flussi turistici che oggi paiono i soli in gra-
do di risollevare le economie depresse di tanti piccoli e grandi centri di antica
tradizione marinara: tra questi ricordo Mazara del Vallo, Favignana, San Vito
Lo Capo, Sciacca, Porto Empedocle, Licata, Augusta, Porticello, Porto Palo, tutti
paesi che ormai da qualche decennio, non senza difficoltà, cercano di riconver-
tirsi in poli turistici di massa (più raramente d’élite) per supplire alla crisi della
pesca e diversificare e ampliare le fonti di reddito.
IV. Esemplare da questo punto di vista il caso di Favignana. Fino agli anni
Sessanta l’Isola “era” non solo luogo di pesca, di lavorazione e di inscatolamento
del tonno, ma anche sede di numerose cave di tufo, piantagioni di ficodindia
e colture orticole; “non era”, invece, sede vacanziera temporanea o stagionale.
Divenuta oggetto di interesse turistico a partire dagli anni Ottanta, l’Isola ha
conosciuto nell’ultimo decennio – in ragione della lacunosa applicazione delle
norme di tutela contenute nel Piano paesistico delle Egadi e dell’assenza di un
Piano regolatore – una imponente fioritura “edilizia” che ha visto le residue aree
rurali riconvertite in lotti per villette. Gli anziani pescatori, cavatori e contadini,
quando non impegnati come manovali o giardinieri, ricavano oggi di che vivere
dal noleggio di imbarcazioni, biciclette e scooter, da gite in barca, da piccole
attività commerciali stagionali e da servizi d’ogni sorta diretti ai numerosi tu-
risti e residenti stagionali che nei mesi di luglio e agosto affollano l’Isola. I più
giovani trovano impiego nei mesi estivi nelle attività alberghiere, ricreative e di
ristorazione che negli ultimi anni si sono moltiplicate. La mattanza dei tonni, da
importante momento di produzione che vedeva a vario titolo coinvolti nume-
rosi addetti, si è progressivamente trasformata in una straordinaria e parteci-
pata messa in scena a sostegno dello smercio di prodotti ittici (bottarga, tonno
in scatola, tonno affumicato, ecc.) provenienti da altri luoghi, fino a venir meno
nel 2005. Fatto quest’ultimo di non poco rilievo per la società e per l’economia
favignanesi: persa, infatti, già negli anni Novanta ogni effettiva funzione econo-
mica, la tradizionale pesca del tonno (dei pochi e piccoli tonni che si riuscivano
a pescare) si era venuta a configurare come il grande evento che di fatto apriva,
anticipandola a maggio, la stagione vacanziera.
Se dovessimo mettere in relazione gli investimenti pubblici per la promo-
zione dell’evento “mattanza” – basti ricordare l’esistenza di un Capitolo del Bi-
lancio regionale Contributi ai comuni per l’esercizio delle tonnare, che prevedeva
l’erogazione di consistenti sostegni finanziari «Al fine della salvaguardia e del
recupero della valenza culturale della pesca del tonno col tradizionale sistema
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