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250 Parte seconda. Uomini e imprese
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brick-schooner Santa Rosalia (1828) . I trattati di pace e di
commercio stipulati nell’aprile 1816 dal governo borbonico
con Algeri, Tunisi e Tripoli, e la riforma delle tariffe doga-
nali nel 1824, che tra l’altro accordava al naviglio siciliano
la diminuzione del 10% sul dazio delle merci introdotte o
esportate e franchigie del 30-40% sulle merci importate di-
rettamente dai porti del Baltico, delle Indie e delle Ameri-
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che , avevano da un lato reso più sicura la navigazione me-
diterranea e dall’altro aperto alla marina siciliana nuovi oriz-
zonti, di cui si avvantaggiavano nuovi armatori come Gio-
vanni Riso e Gabriele Chiaramonte Bordonaro. L’avvio del-
la ripresa commerciale, dopo la depressione successiva al
1815, favoriva inoltre il sorgere di nuove iniziative legate al-
l’attività marittima, come la Compagnia palermitana di assi-
curazioni (1829), avente per scopo «di assicurare bastimen-
ti [...] o mercanzie, dar denaro a cambio marittimo e covri-
re di sicurtà tutt’altro che possa essere esposto ai rischi del-
la navigazione, come altresì di scontare effetti di commer-
cio». Il capitale iniziale di 28.000 onze, ripartito in 140 azio-
ni, fu sottoscritto da quasi tutti i commercianti stranieri e
locali della città, tra i quali anche Vincenzo Florio, che ac-
quistò cinque azioni per un valore di 1.000 onze e, assieme
al genovese Camillo Campostano e ad Antonino Sgobel, ne
assunse l’amministrazione e più tardi la gerenza .
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L’esempio dell’anglo-palermitano Beniamino Ingham,
che si trasformava in armatore per raggiungere più facil-
mente i mercati d’oltre oceano, fu forse decisivo per con-
vincere definitivamente Florio, nella prima metà degli anni
Trenta, dell’opportunità di dotarsi anch’egli di una sua flot-
ta, che – secondo un suo biografo – già anteriormente al
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1848 contava «molti legni a vela» , ma che in effetti non sem-
bra andasse oltre poche unità. Alla fine degli anni Trenta, i
suoi velieri toccavano New York e Boston, Londra e Liver-
pool, Marsiglia e Genova, da dove per conto della Casa I. e
V. Florio portavano a Palermo manifatture, zucchero, caffè,
cera, cuoi, pelli, tabacco, droghe, riso, rhum, pece, catrame,
piombo, libri, cristalli, carta, chincaglieria, salnitro, moga-
no, indaco, legno giallo, bande stagnate, terraglie, biacca,
ferro, carbone, aringhe, e tutto ciò che poteva avere una