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Gorgo Baggiano, con frammenti di ceramica, databili fra il II sec. a.C. e il II sec. d.C.., in località
Giuffrida, con frammenti di ceramica del V-VI sec. d.C. In contrada Tramontagna-Faraglioni sono i resti
di un villaggio preistorico fortificato da una muraglia rafforzata da torri. Quattro brevi campagne di scavo
hanno consentito di mettere in luce alcuni resti di capanne la cui disposizione regolare lascia intravedere
un vero e proprio tessuto urbano. Eccezionalmente abbondante il materiale fittile rinvenuto: tra le forme
vascolari predominano grandi tazze su alto piede, decorate con sottili nervature, grandi teglie con anse a
maniglia, pithoi di varie dimensioni, tazze-attingitoio. A monte del Gorgo, intorno un'antica cisterna
intonacata in cocciopesto, frammenti di ceramica segnalano la presenza di un insediamento rurale del V-
VI sec. d.C. così come a Piano Madonna, con frammenti di ceramica del V-VI sec. d.C., in Contrada
Spalmatore - Case Rando, con fittili tardo-romani e resti di un pigiatoio rivestito in cocciopesto. In
Contrada Spalmatore, sparsi su questa modesta altura, si raccolgono numerosi frammenti di tegole e di
anfore tardo-romane. Nella stessa zona sussistono resti di tombe a fossa e numerosi frammenti di
ceramica tardo-romana del V-VI sec. d.C. Anche sul versante meridionale del Monte Guardia dei Turchi,
sussistono i resti di una trentina di tombe a fossa, nelle adiacenze più a Ovest, frammenti di ceramica
sparsi per un'area di circa un ettaro evidenziano l'esistenza di un'altra fattoria tardo-romana. A nord della
grotta Fossa sono stati raccolti frammenti di ceramiche romane. La Grotta di S. Francesco Vecchio è un
vasto cavernone di origine marina, raggiungibile sia dal mare che da terra all'interno del quale tre conche
di raccolta delle acque di stillicidio hanno da sempre costituito una preziosa fonte di approvvigionamento
idrico. Sul piano di calpestio, entro le buche e in coincidenza dello stillicidio, sono stati raccolti
frammenti di ceramiche dell'Eneolitico medio, dell'età del Bronzo, lucerne e frammenti di ceramiche
databili fra il III sec. a.C. e il I sec. d.C., e numerosi frammenti di ceramica medievale. La Grotta Azzurra
(o Grotta dell'Acqua) è un cavernone di origine marina ancora oggi parzialmente invaso dalle acque
accessibile solo dal mare. Il suo secondo nome è legato alla presenza di un bacino naturale di raccolta
delle acque di stillicidio. Nella parte più interna della grotta, al termine di un cunicolo ascendente, sono
stati raccolti alcuni frammenti di ceramica d'impasto, per lo più dell'Eneolitico medio. In Contrada S.
Maria si trova una modesta necropoli della quale sussistono una venti di tombe a fossa ormai violate e
parzialmente distrutte dai lavori agricoli e una sepoltura ipogeica paleocristiana riutilizzata a cisterna. Il
Museo Archeologico a Ustica è situato nella torre Santa Maria. La sua apertura ha segnato un momento
importante di promozione e divulgazione culturale dell’Isola. Nell'ambito dell'intero complesso espositivo
è rilevante lo spazio dedicato ai materiali della media Età del Bronzo provenienti dal villaggio dei
Faraglioni, notevoli sia per la quantità che per la varietà delle forme della cultura materiale; un
compendio degli oggetti più significativi frutto dei contatti tra le popolazioni preistoriche che si
affacciavano sul Mediterraneo. La Torre Santa Maria e la Torre dello Spalmatore, costruite nel 1763 dai
Borboni come torri di avvistamento e di difesa contro le incursioni dei pirati e poi utilizzate la prima
come carcere borbonico e poi fascista e la seconda come caserma dei Carabinieri per il servizio della
Colonia del confino, sono state restaurate e affidata alla Riserva Naturale Marina. Anche i murales
costituiscono una particolarità nel centro abitato di Ustica sui muri delle case che compongono il paese.
Nel settembre 1989 fu tenuto in Ustica uno stage di archeologia subacquea con argomento "Dalla
scoperta all'indagine scientifica", organizzato dall'Azienda Turismo di Palermo e da "Archeologia Viva"
con il patrocinio del Ministero Beni Culturali e la collaborazione dell'Accademia Internazionale di
Scienze e Tecniche Subacquee. Nel corso delle esercitazioni che si svolgevano a Punta Cavazzi, nei pressi
della Riserva Naturale Marina, furono ritrovati alcuni reperti archeologici tra i quali un grande ceppo di
ancora in piombo. Lo stage si concluse con una Tavola Rotonda su "Recupero, restauro e conservazione
dei beni subacquei" incentrata sui materiali ritrovati e sulla convenienza di recuperarli (come prescrive la
legge) o di conservarli in situ: dopo ampia discussione fu accettata la proposta di lasciare i reperti sul
posto, come erano stati ritrovati, dotandoli di un idoneo apparato espositivo-didattico. Nel 1990, si
provvide quindi a corredare ogni reperto di una tabella didattica e a collegarli con una sagola-guida: una
boa in superficie segnalava l'inizio di questo insolito itinerario. Il coraggioso esperimento culturale ha
riscosso l'unanime consenso al Convegno Internazionale sui Parchi Archeologici e Turismo Culturale,
promosso dal Consiglio d’Europa e tenutosi a Malta nel settembre 1990.
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