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Per questa fase non disponiamo purtroppo di dati relativi alla tecnologia. Per quanto riguarda le
materie prime, a Levanzo è attestato l’uso esclusivo di selce mentre a San Teodoro si registra una buo-
na presenza di manufatti in quarzarenite. Nel livello superiore del sito messinese l’utilizzo della quar-
zarenite è in proporzione maggiore rispetto all’orizzonte inferiore e lo sfruttamento di questa materia
prima resta in prevalenza destinato alla produzione di strumenti generici e di taglia più grande.

Osservazioni

   Questa distinzione in quattro stadi all’interno di tre macrofasi, rappresentativi di una dinamica
evolutiva documentata nell’arco di 3.000 anni, indica la presenza in Sicilia alla fine del Tardoglaciale di
una serie di processi evolutivi all’interno della litotecnica che vedono da un lato l’affermazione di una
fisionomia abbastanza unitaria con caratteri ricorrenti, dall’altro una serie di parametri più dinamici
che possono essere indicativi di trasformazioni tipologiche, caratterizzanti sia la regione orientale sia
quella occidentale dell’isola.

   I parametri ricorrenti all’interno della sequenza si possono così sintetizzare:
– sviluppo del Substrato rispetto agli Erti differenziati, con l’eccezione di Grotta d’Oriente (ricordia-

   mo tuttavia che questo insieme ha un basso numero di effettivi);
– scarso peso di alcuni gruppi tipologici: bulini, punte, raschiatoi corti sempre subordinati ai lunghi;
– lavorazione accurata dei grattatoi e presenza di tipi secondari ricorrenti;
– strumenti a dorso convessi a convessità più o meno pronunciata e soprattutto dorsi ricurvi fuori

   asse;
– presenza ricorrente di segmenti trapezoidali;
– laminarità complessiva alta;
– dimensioni piccole e medie tra gli strumenti comuni.
Sono considerati elementi importanti nella dinamica evolutiva:
– strumenti a dorso e geometrici;
– grattatoi, con particolare riguardo alle forme carenate e al rapporto tra forme lunghe e forme cor-

   te;
– incisività dei geometrici triangolari nelle fasi intermedie, in associazione a più rari trapezi;
– denticolazione in aumento alla fine del ciclo;
– strumenti a dorso di maggiori dimensioni e più spessi nei momenti finali;
– convessità dei dorsi in aumento nelle fasi più recenti;
– laminarità complessiva in degressione.

   Va osservato che, rispetto a quanto si rileva negli assetti strutturali e nelle fisionomie stilistiche
dei contesti industriali peninsulari, gli insiemi siciliani possiedono una spiccata identità e nell’isola
non si rileva quel processo di “azilianizzazione” (riduzione delle dimensioni, microlitizzazione delle
armature, accorciamento sostanziale dei grattatoi anche in forme particolari a ventaglio, unguiformi,
circolari, ecc.) che caratterizza le diverse aree dei due versanti peninsulari sia pure in una progressiva
regionalizzazione dei caratteri tecno-tipologici.

   Dal punto di vista tecnologico, nonostante si disponga attualmente per lo più di dati parziali (con
l’eccezione di Grotta dell’Acqua Fitusa), è possibile registrare una sostanziale uniformità tra i diversi
siti e una continuità lungo la sequenza; questa osservazione non si può estendere all’ultima fase per
la quale non disponiamo di informazioni sufficienti. Per quanto riguarda l’approvvigionamento delle
materie prime, costituito in prevalenza da litotipi locali di ottima qualità, emerge una ricorrenza nella
possibilità di sfruttare abbondanti quantità di materia prima proveniente da affioramenti selciferi non
distanti dai siti abitativi. Nei siti costieri (Grotta delle Uccerie, Grotta d’Oriente, Isolidda) lo sfrutta-
mento di noduli e blocchi ricavati da liste, raccolti verosimilmente sia in contesti primari che secon-
dari, si associa alla presenza di ciottoli. Sembra ricorrente la pratica di sgrossare i blocchi di materia

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