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CONCLUSIONI

Appare importante evidenziare che l’aspetto culturale di un sito estrattivo può esistere non solo
nei siti estrattivi dismessi da lungo tempo ma anche nei siti estrattivi attivi, in fase di dismissione
o dismessi di recente. In particolare la presenza di siti estrattivi recenti che insistono in aree
estrattive di vecchio impianto merita una riflessione in relazione al patrimonio culturale da
preservare nei futuri interventi. Sarà cura degli strumenti di pianificazione paesaggistica e
urbanistica prevedere specifiche indicazioni al fine di garantire negli interventi di recupero di tali
aree la conservazione delle testimonianze della passata attività di cava.

Per quanto riguarda le cave recenti i siti estrattivi dismessi possono essere suddivisi in siti
dismessi prima dell’emanazione delle leggi specifiche in materia di attività di cava, periodo nel
quale non esistevano dispositivi normativi che garantissero il recupero della cava una volta
cessato il ciclo produttivo, e in siti dismessi successivamente all’emanazione di tali norme,
periodo a partire dal quale sono state introdotte disposizioni finalizzate ad assicurare
obbligatoriamente il recupero al cessare dell’attività di coltivazione.
La presenza di un numero rilevante di siti dismessi e abbandonati dove non risulta possibile
individuare un soggetto obbligato al recupero ambientale delle aree estrattive necessita di
politiche specifiche finalizzate alla risoluzione del problema. Gli strumenti di pianificazione delle
attività estrattive si propongono di svolgere un ruolo di rilievo in tal senso prevedendo azioni di
riattivazione e di reinserimento finalizzate al recupero; forme di compensazione per la
prosecuzione di alcune attività in aree sensibili che si concretizzano in azioni di recupero dei siti
dismessi e abbandonati; inoltre numerose Regioni prevedono specifici fondi finalizzati a
sostenere il recupero di tali aree estrattive. Appare opportuno che gli strumenti di pianificazione
indichino con dettaglio, in riferimento alle cave dismesse, quelle che necessitano di interventi di
recupero, quelle ritenute suscettibili di essere riattivate e quelle che non necessitano di alcun
intervento al fine di definire le politiche citate.
Le politiche orientate al recupero funzionale dei siti possono trovare una sede portante
all’interno dello strumento di pianificazione paesaggistica. Il piano paesaggistico consente infatti
di indirizzare le scelte di pianificazione locale anche suggerendo dei veri e propri progetti alla
scala territoriale. I Piani paesaggistici, attraverso appositi dispositivi normativi e spaziali, hanno
l’occasione per delineare le future trasformazioni delle aree degradate da pregresse attività di
cava, anche individuando aree di intervento da sottoporre ad accordi specifici tra gli attori
interessati quali gli Accordi di programma e le Intese istituzionali. Le politiche e gli strumenti di
livello sovralocale hanno il compito di incentivare gli interventi di recupero anche verso il riuso
funzionale, le politiche delineate dagli strumenti di pianificazione paesaggistica e delle attività
estrattive possono trovare una concreta attuazione tramite lo strumento di pianificazione
urbanistica comunale; un obiettivo di primaria importanza è da individuarsi nel riuscire a
raccordare gli strumenti di pianificazione delle attività estrattive con quelli sovraordinati di
pianificazione paesaggistica attribuendo un ruolo strategico alla pianificazione comunale di
carattere urbanistico. Gli strumenti di pianificazione locale sono chiamati ad implementare i

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