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propri dispositivi con contenuti paesaggistici al fine di tradurre le azioni di piano in ricadute                                                               CONCLUSIONI
positive in termini di qualità nella progettazione del territorio e, nel caso specifico, dei paesaggi
estrattivi.
Per incentivare la riqualificazione d’uso delle aree estrattive risulta necessario attribuire alle
aree dismesse idonea destinazione urbanistica in relazione alla possibilità di soddisfare i
fabbisogni stimati in termini urbanistici (esempio: spazi sociali, ricreativi, residenziali, turistici,
produttivi), idonei indici di edificabilità capaci di attivare investimenti privati. Appare importante
che le previsioni urbanistiche siano accompagnate da indirizzi finalizzati a garantire nella
progettazione attuativa la lettura e la interpretazione dei segni del paesaggio, e in particolare
del paesaggio estrattivo, delineando scenari capaci di rappresentare le aspettative della
comunità.
È stato possibile constatare che in alcuni casi le azioni di riqualificazione di aree dismesse,
nonostante la previsione di destinazioni urbanistiche finalizzate alla creazione di opportunità
d’impresa, non sono state capaci di concretizzarsi per la mancata previsione di condizioni che
potessero rappresentare degli investimenti appetibili per l’operatore economico privato,
contestualmente esempi significativi mostrano che l’attrattività dell’area in termini urbanistici va
calibrata in relazione alla presenza di valori di interesse pubblico da tutelare. La trasformazione
ambientale e paesaggistica causata dall’attività di cava non rappresenta necessariamente un
valore assoluto negativo. La scelta della riqualificazione d’uso di aree interessate da pregresse
attività di cava non è risultata sempre condivisa in relazione alla presenza di interessi pubblici
prevalenti legati anche alla tutela di valori ambientali, paesaggistici e culturali ritenuti non
negoziabili. A tal fine una delle politiche di rilievo è rappresentata dal costruire attraverso
percorsi partecipati e condivisi le modalità di intervento e il futuro di questi paesaggi.
I siti estrattivi possono essere localizzati in contesti dove non risulta possibile attivare
meccanismi di riqualificazione tramite il coinvolgimento dell’operatore privato in relazione alla
sensibilità dell’area o alla scarsa attrattività. Tali situazioni possono essere affrontate tramite
specifici finanziamenti pubblici o tramite percorsi di compensazione urbanistica e paesaggistica.
Le ipotesi di compensazione urbanistica e paesaggistica possono trovare concreta attuazione,
se adeguatamente valutate, in relazione alla realizzazione di importanti interventi di
trasformazione del territorio che contestualmente prevedano il recupero di aree estrattive
dismesse anche per destinarle a finalità pubbliche.
La previsione del recupero quale azione obbligatoria al cessare dell’attività di coltivazione
dovrebbe rappresentare una garanzia per il futuro recupero delle aree anche in virtù
dell’esistenza, alla base dell’autorizzazione all’escavazione, di un progetto di recupero e di una
garanzia fidejussoria; tuttavia è stato possibile constatare che le garanzie poste alla base delle
autorizzazioni non sono sempre risultate sufficienti. In alcuni casi i siti di cava, una volta cessata
la coltivazione, vengono abbandonati senza gli adeguati interventi. Si rileva inoltre che i
recuperi previsti dagli operatori del settore estrattivo in prevalenza escludono la riqualificazione
d’uso. Per quanto riguarda le prospettive di recupero funzionale la criticità di maggiore rilievo

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