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«trinciata sopra la forcina», se invecie sarà piccolo lo si lascerà stare sul piatto e si

                   faranno le parti avendo cura di dare sempre la parte più grassa, che è la migliore,
                   al Signore .
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                          Al  servizio  dei  Gonzaga,  a  Mantova,  c’era  invecie  Bartolomeo  Stefani  che
                   nel suo L’arte del ben cucinare (edito a Mantova nel 1622) ci informa che il tonno

                   salato è conservato in barili e distribuito in tutta Italia e lo elogia come migliore

                   rispetto a quello fresco. Dopo averlo dissalato, ce lo proporrà lesso con cavoli, al
                   cartoccio,  stufato  con  vino  bianco  e  poco  zucchero  e  usato  nella  confezione  di

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                   salami insieme alla polpa di altri pesci «che riesce di tutta esquisitezza» .
                          Anche  Carlo  Nascia,  palermiatano,  cuoco  al  gran  Ducato  di  Parma  e  alla

                   Corte  dei  Vicerè  Spagnoli,  nel  suo  libro  Li  quattro  banchetti  destinati  per  le

                   quattro  stagioni  dell’anno  ci  parla  del  tonno.  Lo  cita,  al  primo  posto,  nel  suo
                   capitolo «Varie sorti di pesci salati, e suoi condimenti de quali se ne può servire

                   mancando  il  fresco»  e  ci  dice  che  la  pancia  è  buona  facendola  stare  a  mollo
                   cambiando spesso l’acqua, poi bollita con semola o con foglie di verza e se ne può

                   fare uno stufato o con pasta fina dei pasticci. Solo negli stufati si può aggiungere
                   anche  canditi,  amarene  e  spezie.  Il  tonno  lesso  è  buono  con  olio,  limone  e

                   prezzemolo  e  se  si  vuol  farne  un  brodetto  basta  aggiungere  acqua,  vino  e  della

                   cipolletta  soffritta,  prezzemolo,  pinoli  e  altre  spezie.  Propone  inoltre
                   un’interessante minestra di lenticchie e tonno .
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                          Come  è  facile  notare  però,  sono  giunte  a  noi  solo  fonti  riguardanti  la
                   Nobiltà  e  l’Alto  Clero,  quindi  non  sufficienti  per  comprendere  a  fondo  la  realtà

                   popolare.



                          Del  periodo  medievale,  in  relazione  alla  pesca  del  tonno  nel  bacino  del
                   Mediterraneo, si ha una visione generale frammentaria che porta a presumere che
                   nell'arco  di  questi  sette  secoli  si  sia  assistito  ad  uno  sviluppo  di  quest'attività  a

                   macchia di leopardo, con Sicilia e Spagna a rappresentare l'eccellenza del settore.



                   58  M.  V.  Cervio,  «Il  trinciante»  -  Vicenza  :  Biblioteca  internazionale  La  Vigna,  2009  (Ripr.  facs.  dell'ed.:
                   Venezia : Alessandro de' Vecchi, 1622.) pp 32-33
                   59  B. Stefani, « L'arte di ben cucinare» - Sala Bolognese : Forni, stampa 1983 (Ripr. facs. dell'ed.: in Mantova,
                   appresso gli Osanna stampatori ducali, 1662) p. 48
                   60  C. Nascia, « Li quattro banchetti destinati per le quattro stagioni dell'anno; prefazione e note di Massimo
                   Alberini». - Bologna : Li Causi, 1982 (Ripr. facs. del ms. conservato a Soragna con trascrizione in caratteri
                   tipografici a fronte.) Volume 2, pp.411-412 / 502-503
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