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Bartolomeo Scappi, cuoco delle cucine vaticane e di Papa Pio V, che nel suo libro

               L’Opera dell’arte del cucinare pubblicata a Venezia nel 1570, ci descrive il tonno
               come un pesce grosso e tondo, coperto da una cotica grigia, la cui carne è rossa e

               scura ed una volta cotta si apre «à foglia di sfogliame». Aggiunge poi che il tonno
               si divide in tonnina e in tarantello, che la sua stagione comincia a Maggio e dura

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               per tutto l’autunno, ma a Roma se ne trova per la maggior parte del tempo .
               Nel libro sono proposte quattro ricette per la preparzione di questo pesce:


                  «Per  far  cuocere  la  testa  del  tonno»  in  cui  si  raccomanda  che  sia  fresca

                   altrimenti  non  la  si  potrebbe  godere  «avendo  il  più  orrendo  odore  che
                   qualunque testa d’altro pesce» ;
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                  «Per far cuocere pezzi di tonno sottestati e su graticola» una complessa ricetta
                   in cui pezzi di tonno dell’altezza di circa due dita e dal peso di sei libbre (2,7

                   kg) l’uno circa, vengono prima marinati in aceto di vino bianco, mosto cotto,

                   aglio, pepe e spezie, poi cotti in una pentola sul fuoco e quando sono quasi cotti
                   messi  a  riposare  per  almeno  un’ora  conditi  con  olio  e  pepe.  Infine  vanno

                   arrostiti su di una graticola e conditi con la medesima salsa che si utilizza per
                   condire lo storione ;
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                  «Per sottestare pezzi di tonno in altro modo» una cottura in umido con cipolla,
                   aglio,  vino  bianco,  agresto,  pepe,  cannella,  chiodi  di  garofano  ed  un  po’  di

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                   zafferano ;
                  «Per fare polpette di tonno piene e cotte nello spiedo» un classico polpettone

                   di carne di tonno condito con spezie e poi grigliato .
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                      Vincenzo Cervio, “trinciante” (che oggi chiameremmo maître, cioè colui il
               quale  scandiva  il  tempo  del  banchetto,  sporzionava  le  pietanze  di  fronte  ai

               commensali  con  fare  teatrale  ed  era  simbolo  di  ricchezza  ed  importanza)  del
               Cardinal  Alessandro  Farnese,  definiva,  nel  suo  libro  Il  Trinciante  pubblicato  a

               Venezia nel 1581, il tonno come un pesce che solitamente si suole servire bollito o
               che si usa per fare pasticci. Spiegava inoltre che: se il pezzo da servire sarà bello

               grosso,  la  sua  carne  sarà  talmente  dura  e  soda  che  potrà  facilmente  essere

               53 Terzo Libro dal Cap. XXXIIII al Cap. XXXVIII
                B. Scappi, «L’Opera :dell'arte del cucinare; presentazione  di Giancarlo Roversi». - Sala Bolognese : Forni,
               1981. - (Ripr. facs. dell'ed.: Venetia : appresso Michele Tramezzino, 1570.) p 7, p 111
               54  Ivi p. 111
               55  Ivi p. 111
               56  Ibid p. 112
               57  Ivi p. 112
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