Page 12 - Melotti-2009
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Gli indicatori socioeconomici proposti dalla versione italiana del manuale citato, essenzialmente orientati a
una piena integrazione di tutti i portatori di interesse e delle comunità locali, appaiono equilibrati e applicabili
(pp. 147-148). In particolare gli indicatori connessi al valore d’uso nella sua articolazione di valore d’opzione
(potenziale utilizzo diretto e indiretto di un sistema naturale) e al valore di non uso nelle sue articolazioni di
valore di esistenza (l’importanza di sapere che la risorsa esiste in determinate articolazioni), d’opzione
(l’importanza di potere utilizzare la risorsa in futuro) e lascito (l’importanza di garantire che la risorsa sia a
disposizione delle generazioni future) possono configurarsi come base per una valutazione del valore
iconico delle aree. Si tratta però di indicatori di utilizzo meno semplice, come del resto mostra la stessa
indagine MEI, nella quale solo in pochi casi risultano correttamente utilizzati dalle AMP coinvolte dal
progetto.
Allo stesso modo il manuale sottolinea la necessità di monitoraggi periodiche e omogenei per un’analisi di
tipo scientifico e per l’individuazione di qualsiasi trend. A loro volta i curatori del progetto MEI individuano
giustamente in protocolli internazionali del tipo ASPIM e EMAS gli strumenti più adatti a questo monitoraggio
standardizzato e periodico, nonché a forme di controllo continuo da parte di enti esterni accreditati.
La base documentaria richiesta da ASPIM e EMAS dovrebbe essere obbligatoria per ogni AMP,
indipendentemente da possibili certificazioni.
In una tabella il manuale mostra come il rapporto tra indicatori socioeconomici, scopi e obiettivi comuni
costituisca un riferimento chiaro su cui costruire e valutare l’utilità di nuovi indicatori (p. 151).
Il manuale mette in luce la difficoltà di separare l’impatto dell’AMP da quelli di altri cambiamenti (p. 181),
riconoscendo in tal modo il profondo processo di integrazione delle aree protette nel territorio. Tuttavia,
essendo stato concepito in vista di un’applicazione globale, non è orientato a definire il processo di
inurbamento e la tendenziale tematizzazione di numerose AMP italiane.
L’indicatore relativo al numero e al tipo di mercati, che comprende le caratteristiche di sfruttamento e di
commercializzazione dei principali prodotti, potrebbe essere utilmente ampliato ai nuovi prodotti “immateriali”
delle AMP: uso del brand, merchandising e altre forme di consumo commerciale dei valori di non uso.
Allo stesso modo gli indicatori relativi alla conoscenza della cultura naturalistica dei portatori di interesse e
alla diffusione di conoscenze formali nella comunità, pensati essenzialmente per misurare il radicamento
dell’AMP nel suo contesto, incrementare l’interesse locale alla conoscenza dell’Area e favorire l’accettazione
della sua attività scientifica, potrebbero essere variamente ampliati per includere la misurazione della
conoscenza del patrimonio intangibile e misurare l’effetto della comunicazione mediatica e pubblicitaria tanto
tra gli appartenenti alla comunità locale e i fruitori diretti dell’Area quanto tra gli utenti delle forme di
comunicazione.

          Il rapporto del progetto MEI-Italia, che si configura come una valutazione dell’efficacia di gestione di
alcune AMP che utilizza l’adattamento italiano del manuale citato, dimostra l’utilità dell’impiego di tale testo e
degli indicatori che propone. Le tabelle riassuntive che accompagnano la relazione su ogni AMP possono
costituire un utile strumento di lavoro per orientare successivi interventi.

Difficoltà e limiti delle ricerche
Le analisi condotte, limitate agli scopi istituzionali delle AMP, non riescono a cogliere del tutto il reale stato
delle Aree e il loro effettivo rapporto con il territorio. Il nuovo ruolo strategico delle AMP quale strumento di
marketing urbano e territoriale è in gran parte estraneo agli scopi istituzionali e alla maggior parte degli
interventi operati direttamente dagli enti gestori. Anche in questo caso si riesce a misurare la modernità, ma
la post-modernità resta fuori.
Il rapporto MEI-Italia mostra indirettamente anche alcune difficoltà oggettive delle rilevazioni comparative su
vasta scala. La segmentazione del gruppo di ricerca in aree di interesse territoriale e le differenti
impostazioni dei rappresentanti delle AMP portano inevitabilmente a disparità qualitative e quantitative nei
risultati, che, pur individuando punti di forza e di debolezza, linee guida e criticità, non offrono un quadro
unitario pienamente comparabile. Naturalmente le stesse omissioni costituiscono utili indicatori che possono
segnalare ambiti di intervento e necessità di ricerca.
L’indagine relativa a Torre Guaceto, ad esempio, mette in luce alcuni dei problemi più concreti dell’Area
(parcheggi abusivi e rifiuti), che mostrano tutta la residua materialità della cultura post-moderna. Mancano,
però, benché l’Area ne abbia da tempo avviato uno specifico studio, dati socioeconomici generali che
mostrino, al di là della pesca, le linee di tendenza delle politiche di sviluppo turistico e territoriale.
La sezione relativa a Ciclopi si segnala per la qualità dell’indagine socio-economica, che, per metodologia e
completezza, potrebbe costituire un modello di rilevamento. Tuttavia al quadro complessivo, che mette in
luce la provenienza essenzialmente locale dei fruitori e si sofferma sul Comune cui l’Area appartiene, sfugge
l’implicito ruolo metropolitano dell’area e il tipo di rapporto che l’AMP intrattiene con Catania. Sfuggono
anche il rapporto dell’Area con le politiche turistiche della Provincia, nelle quali pur occupa un ruolo di un
certo rilievo, e certi suoi aspetti innovativi, come il sostegno dato all’avvio di cooperative giovanili.
L’inclusione in alcune sezioni di sintesi di documenti talvolta riferibili a materiali divulgativi variamente
pubblicati, pur non danneggiando la qualità del rapporto, mostra un’altra criticità delle ricerche di questo tipo.
La difficoltà di coinvolgere appieno i soggetti interessati e di responsabilizzarli può indurre a utilizzare, in

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