Page 7 - Melotti-2009
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Un’AMP può trasformarsi in uno spazio attrattore di iperturismo dell’autenticità o di turismo esperienziale
enfatizzando determinati aspetti. Fra questi, la presenza di attività “innovative” o di nicchia, capaci
d’integrare le molteplici esigenze polisensoriali del nuovo turismo o di ambiti specifici della società, quali
percorsi subacquei di tipo archeologico o misto archeologico-naturalistico, o ancora percorsi subacquei per
ipovedenti e disabili, oppure musei sommersi o musei del mare o attività, in parte più tradizionali, di
valorizzazione degli aspetti d’identità e di cultura locale, come le feste patronali e le forme di devozione del
mare.
La diffusione e il progressivo incremento di musei costieri (al momento poco più di 600) e, in particolare, di
musei dedicati al mare (oltre 100) rappresentano il punto di contatto tra la consolidata attenzione agli aspetti
storico-identitari del territorio e il nuovo interesse verso l’autenticità locale (ex-voto, tradizioni locali, storia del
lavoro), ma anche, in senso più ampio, verso il mare come immaginifico contenitore esperienziale. La
costruzione, il restyling e l’allestimento di musei del mare, con attenzione – per il momento soprattutto
all’estero – per l’aspetto iconico degli edifici, rientra appieno nelle nuove politiche di marketing urbano.
D’altra parte il numero di tali musei, come la loro diffusione su tutto il territorio italiano, comprese città
interne, mostra il nuovo ruolo del mare come strumento strategico di promozione urbana. Le AMP
costituiscono solo alcuni degli strumenti della nuova competizione urbana, che si serve indifferentemente di
musei, edifici iconici e aree naturali protette.
In questa logica le AMP, di cui si è già rimarcato il valore iconico e di spazio di autenticità rappresentata,
tendono a configurarsi come parchi tematici, in cui appunto mare, tutela dell’ambiente, didattica, attività
sportive e ricreative rappresentano i temi offerti. È evidente anche in questa prospettiva che il controllo dei
flussi e l’individuazione di forme di reale tutela ambientale diventano una preoccupazione minore.
Punta Campanella, Regno di Nettuno, Baia e Gaiola nel golfo di Napoli, come anche Ciclopi presso Catania
e il già ricordato Plemmirio vicino a Siracusa, costituiscono di fatto distretti naturalistici specializzati di aree
urbane e metropolitane. Queste sempre più necessitano di spazi dotati di forte identità specifica per
rafforzare la propria immagine di centri poli-esperienziali, attrarre segmenti specifici e differenziati di turismo
e, soprattutto, arricchire la propria offerta di turismo urbano.
In questa prospettiva assume un senso anche lo stato attuale di gestione di Ustica: l’elevato valore iconico di
quest’Area, profondamente legata alla storia del turismo subacqueo italiano, sopravvive nonostante la
perdita dell’originaria identità di tutela dell’ambiente. La possibilità stessa di un commissariamento de facto,
per di più così lungamente protratto, mostra la disconnessione tra funzione teorica e situazione reale.
Un’Area non funzionante mantiene tuttavia il proprio brand, che continua a esercitare forza attrattiva e può
pertanto essere utilizzato dalla comunità locale, così come dalla vicina Palermo, di cui Ustica può essere
considerata area peri-urbana. La scarsa efficacia del controllo dell’isola e delle sue aree di interdizione,
delegato ai necessariamente limitati strumenti della Capitaneria di Porto, illustra bene l’effetto di
turisticizzazione dello spazio protetto e, in questo caso, addirittura proibito. L’iconicità dell’area si rileva
anche dall’inesistenza e dall’impraticabilità dei suoi percorsi archeologici subacquei, che tuttavia restano
assai pubblicizzati e contribuiscono in modo determinante a configurare l’Area come spazio innovativo e
poli-esperienziale.
Tale discrasia tra realtà e immagine mediatica della riserva e, cosa forse più grave, tra la realtà e la
rappresentazione offerta dagli amministratori dell’isola (da noi già rilevata nel 2006, nell’ambito di un’analisi
condotta per conto del Conisma e del Ministero dell’Ambiente, per cui si veda Melotti 2007c) sembra che si
sia ulteriormente consolidata negli ultimi tre anni. Il percorso archeologico subacqueo, su cui l’isola aveva in
gran parte costruito la propria immagine (Melotti 2007a), non risulta più praticabile, ancorché sia presentato
come esistente. D’altra parte sembra che i diving centers locali abbiano sposato la politica post-modera
dell’autenticità rappresentata. Si segnalano infatti immersioni turistiche di tipo archeologico on-demand, per
le quali vengono depositate sul fondale delle ancore presentate come antiche che, al termine
dell’immersione, vengono poi “ripescate” e trasportate per l’isola su motofurgone fino al successivo
reimpiego.
Proprio come le AMP fungono da strumenti di richiamo per il nuovo ecoturismo urbano ed esperienziale di
massa e partecipano alle forme della nuova competizione urbana (con beneficio per l’intero territorio), così i
percorsi archeologici subacquei fungono da ulteriori e sofisticati strumenti di richiamo per segmenti e tipi più
specifici di turisti e da utili strumenti di differenziazione tra le diverse AMP. La presenza di un’AMP può
insomma contribuire a caratterizzare un territorio, promettendo una particolare esperienza di loisir che si
aggiunge a quelle tradizionali dei centri urbani, mentre le presenza di un percorso turistico subacqueo può
contribuire a caratterizzare una specifica AMP e – non meno importante – ad attribuire al consumatore
l’appagante identità di turista colto e alla moda, in cerca di sofisticate esperienze culturali. Proprio per questo
motivo i percorsi archeologici subacquei e i musei sommersi sono ben pubblicizzati, indipendentemente
dalla loro effettiva fruibilità e dal numero dei loro reali fruitori. Si tratta insomma di un turismo di nicchia, che
serve però ad assicurare la presenza di un turismo ben più consistente e di fatto tradizionale.
Secondo questa logica non deve quindi stupire che anche il museo sommerso recentemente istituito
nell’isola di Filicudi, uno dei fiori all’occhiello del nuovo ecoturismo culturale delle isole Eolie, sia
iperpubblicizzato, ma risulti difficilmente fruibile per l’inadeguatezza del sistema di diving centers dell’isola.
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