Page 10 - Melotti-2009
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marketing e di politiche di rete che riconosceva alle AMP un nuovo e più attivo ruolo nelle dinamiche socio-
economiche del territorio. A qualche anno dall’introduzione del programma “Plemmirio World” e in vista di
una sua eventuale implementazione a livello nazionale, sarebbe però utile poter disporre di qualche dato per
misurarne la reale efficacia. È stato davvero applicato e, nel caso con quali risultati, oppure può essere
considerata una delle tante iniziative mediatiche che confermano l’iconicità delle AMP italiane? Ciò che
invece sicuramente funziona ed è ormai prassi di vari enti gestori è l’utilizzo commerciale diretto del brand
naturalistico di cui viene sfruttata la forza iconica quale attributore autorevole di autenticità. Ovviamente si
tratta quasi sempre di forme di autenticità relativa: i prodotti “tipici” marchiati AMP raramente provengono dal
territorio.
Tra i possibili effetti dell’introduzione di un nuovo marchio che misuri in forma comparata la sostenibilità
ambientale delle politiche delle varie AMP possiamo ipotizzare il potenziamento sovrarregionale del marchio
d’area, orientato a presentare le AMP come una grande risorsa di rete in grado di garantire autenticità, sul
modello dei “presidi” slow food. L’impostazione è quindi interessante e, almeno sulla carta, costituisce una
buona risposta ai problemi del rapporto tra mercato, turismo e ambiente. Il marchio, spiega la nota ufficiale
del Ministero, valuterà la “gestione sostenibile delle acque, l’efficienza energetica, l’utilizzo di fonti
energetiche rinnovabili, l’utilizzo di sistemi per la riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico, la
gestione sostenibile dei rifiuti e il ricorso a sistemi di mobilità sostenibile” e contribuirà alla “valorizzazione dei
prodotti tipici e locali e dell’offerta turistica rivolta in modo privilegiato alle categorie sensibili e svantaggiate”.
Indipendentemente dall’effettiva applicazione di queste forme di valutazione, ciò che importa è l’accettazione
della centralità del turismo nella fruizione dell’ambiente e il riconoscimento delle AMP come distretti turistici
specializzati ben inseriti nelle dinamiche del marketing territoriale.

Indicatori sociali e naturali per lo studio delle AMP
Qualche utile suggerimento per lo studio della gestione delle aree marine protette si trova in un recente
manuale pubblicato sotto l’egida dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (si veda
Pomeroy et al. 2007). Questo libro si segnala non solo per la sua chiarezza concettuale e metodologica,
tipica della cultura anglosassone, ma anche per la sua semplicità d’uso. Le indicazioni offerte per
l’individuazione di indicatori adeguati sia agli obiettivi proposti, sia alle risorse disponibili sono opportune.
L’attenzione all’effettiva capacità di raccolta e di codificazione dei dati e di utilizzo degli strumenti di
valutazione è improntata a un sano realismo. Allo stesso modo la riflessione preliminare sul diverso effetto
dell’impiego di valutatori esterni o interni, nella sua apparente ovvietà, è di grande importanza. Revisioni da
parte di entità paritetiche, forme di valutazioni indipendenti dei risultati e compartecipazione nei processi
decisionali e di valutazione dei portatori di interesse interni ed esterni costituiscono punti di riferimento per
ogni tipo di analisi e di intervento che si voglia condurre in un’AMP, che richiede forme di multi-level
governance rispondenti alle nuove e più complesse esigenze di governo del territorio.
Il manuale nasce da un’esperienza di studio internazionale nella quale è stata impegnata Miramare. Ciò ne
fa uno strumento importante, utilmente applicabile nelle diverse AMP italiane, tanto più che il progetto MEI-
Italia ha adattato il manuale alla situazione italiana, intervenendo su alcuni indicatori (relativi a sicurezza
alimentare e sussistenza) più adatti ai Paesi in via di sviluppo che ai Paesi sviluppati, cui da tempo
appartiene anche l’Italia. L’attenzione è quindi stata spostata sulla qualità della vita e, soprattutto, sulla
valorizzazione degli eventuali prodotti tipici.
Questo punto, che segnala un’attenzione ai temi della post-modernità, si ricollega meglio all’impostazione
slow dell’ecoturismo e ai trends culturali italiani. L’adattamento del manuale potrebbe però essere
ulteriormente proseguito orientando maggiormente gli indicatori su altre caratteristiche “post-moderne”: la re-
invenzione, la riscoperta e la turisticizzazione della tradizione e della tipicità e il grado di consapevolezza e di
accettazione di tali processi.
Gli indicatori proposti nel manuale sono stati sperimentati sul campo nell’ambito del progetto MEI-Italia. Va
tuttavia osservato che le AMP inserite nella sperimentazione (Tor Paterno, Torre Guaceto, Ciclopi e Sinis)
erano state scelte più per le loro caratteristiche geografiche e naturalistiche che non per quelle socio-
economiche e culturali.
Da questo punto di vista si può nuovamente rilevare la tendenza, di carattere istituzionale e d’impronta
biologistica, a considerare gli aspetti socioeconomici come fattori di interesse marginale. Si tratta di un
orientamento ormai da tempo stigmatizzato dalla letteratura dedicata alle AMP (si veda, in particolare,
Badalamenti 2000).
Sarebbe opportuno sperimentare tali indicatori in contesti socio-culturali differenti, per poi adattarli e
calibrarli. Ogni indagine dovrebbe pertanto tenere conto di una serie di diversità di base, differenziando gli
indicatori e quindi l’impostazione delle stesse ricerche. Bisognerebbe, per lo meno, tener conto delle
diversità esistenti tra AMP in aree naturali isolate e AMP in aree peri-urbane e in aree di interesse
metropolitano. Un’ulteriore differenziazione dovrebbe tener conto dei macrocontesti socioeconomici, definiti
con riferimento, ad esempio, al maggiore o minore benessere e alla maggiore o minore infiltrazione della
malavita organizzata o, in una differente prospettiva, delle macro-aree di intervento individuate dall’UE.

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