Page 11 - Melotti-2009
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Va peraltro osservato che in Italia i cambiamenti del tessuto socio-economico e di tipo culturale, ancorché
improntati a una relativa omogeneizzazione, sono stati piuttosto rapidi negli ultimi anni. L’UE ha in parte
tenuto conto di tali cambiamenti e ha modificato la lista delle regioni suscettibili di finanziamenti speciali. Tale
trasformazione non è stata ancora metabolizzata dalla letteratura relativa alle AMP, che continua a essere
improntata a impostazioni di carattere “primitivistico”, che configurano la presenza delle AMP sul territorio
come una forma di controllo, se non addirittura di prevaricazione, delle comunità locali, che naturalmente vi
resistono. La post-modernità non è insomma ancora arrivata agli indicatori.
Il cambiamento d’altra parte è talmente recente che lo stesso saggio di Badalamenti, benché pubblicato nel
2000, fotografa una situazione già superata. Tuttavia si tratta di un contributo importante, che permette di
stabilire un’utile relazione tra lo sviluppo delle AMP, il contesto socio-economico e il turismo. Viene infatti
rilevato che le AMP europee sono state istituite in aree economicamente depresse e che la maggior parte di
quelle italiane, censite al momento della ricerca, erano localizzate nell’Italia meridionale o nelle zone più
depresse del Paese.
Tale concentrazione può essere ricondotta a una precisa logica colonial e post-colonial, storicamente legata
allo sviluppo del turismo. Le aree depresse e meno industrializzate, quando non siano sconvolte da processi
di disordinata e tumultuosa modernizzazione, con forme di abusivismo e depauperamento estetico e
qualitativo del territorio, garantiscono un contesto ambientale maggiormente conservato, atto quindi tanto
alla ricerca scientifica quanto, e soprattutto, al turismo. In una prospettiva storica il turismo si può configurare
come un flusso di individui da aree ricche ad aree povere, nelle quali si ricerca appunto, come avveniva nei
secoli passati con il Grand Tour in Italia e come ancora avviene con il turismo di massa occidentale nei
Paesi in via di sviluppo, una tipicità e un primitivismo ormai venuti meno nei contesti più sviluppati.
Il manuale dell’Unione internazionale per la conservazione della natura, che intende rivolgersi anche alle
numerose AMP dei Paesi in via di sviluppo, tiene conto, ancorché in forma insufficiente, di alcuni aspetti di
tali sperequazioni tra fruitori del territorio e comunità locali. Nel contesto italiano naturalmente il divario, sia
nei confronti dei Paesi più sviluppati, sia tra le regioni più ricche e le regioni più povere, si è notevolmente
attenuato (ed è plausibile che l’attuale crisi economica, pur aggravando la forbice sociale nel Paese, non
abbia a modificare in modo consistente lo scenario). Gli indicatori “terzomondisti” possono quindi essere
tranquillamente scartati.
Tuttavia, in un’analisi del territorio e delle sue politiche, sarebbe inappropriato non tenere conto delle
differenze socio-economiche e culturali delle diverse parti del Paese. Un indice di infiltrazione mafiosa nel
territorio, per fare un esempio, permetterebbe di meglio valutare l’efficacia di determinati interventi o di
spiegarne invece l’inefficacia o, ancora, d’individuare modalità specifiche per i successivi interventi. Ciò
appare tanto più importante quanto più aumenta l’attenzione agli aspetti immateriali delle politiche per il
territorio, parallelamente ai crescenti interessi immateriali dei nuovi fruitori. Consulenze di marketing e
interventi pubblicitari costituiscono strumenti basilari nella costruzione delle nuove politiche territoriali, ma,
allettanti come sono per il loro valore budgetario, rappresentano anche strumenti estremamente fragili e di
difficile controllo.
Vi sono insomma differenze socio-economiche che possono incidere sulle politiche territoriali, ma vi è anche
un processo di omologazione culturale che tende a uniformando valori e costumi. Le AMP sono di fatto
ormai inserite in contesti di forte sviluppo economico e sono intimamente legate alle trasformazioni dell’intero
Paese. La popolazione locale non si differenzia molto da quella urbana e, soprattutto, dai fruitori del loro
ambiente, italiani e stranieri, di cui condividono spesso valori e pratiche, anche di tipo turistico.
Non a caso le AMP coinvolte nella ricerca MEI, dovendo individuare degli scopi della loro attività tra quelli
proposti dal manuale, hanno ignorato quelli relativi alla qualità alimentare e alla qualità della vita, che
evidentemente non risultano prioritari nel contesto italiano di relativo benessere, anche se gli indicatori
specifici erano già stati rivisti dai responsabili della ricerca proprio per adattarli a tale contesto. Le AMP
hanno invece segnalato quelli maggiormente connessi a un contesto immateriale e post-moderno: valore
estetico, valore di esistenza, naturalità, opportunità ricreative e valore culturale, oltre che, naturalmente,
consapevolezza ambientale. Allo stesso modo, tra i possibili indicatori socioeconomici, le AMP hanno
ignorato quelli più tradizionali, come la disponibilità di pescato, lo sfruttamento delle risorse locali, la salute
pubblica, le fonti di reddito, la sua distribuzione, le attività della comunità e il numero e il tipo di mercati.
Il primitivismo agisce ormai pressoché esclusivamente come precisa strategia turistica di re-invenzione della
tradizione e di rappresentazione dell’autenticità. Nella ricerca MEI il Sinis, ad esempio, si propone di esaltare
la wilderness del proprio territorio e l’“ospitalità tipica” della Sardegna. Paradossalmente, però, proprio
l’intensità del processo di re-invenzione della tradizione e di riscoperta dell’identità locale, cui le AMP
partecipano come strumento strategico delle amministrazione locali, può segnalare uno sviluppo recente del
territorio e costituire una traccia per individuare la persistenza di conflitti non risolti. Non di rado infatti è
proprio quella parte della comunità portatrice di interessi non facilmente conciliabili con il turismo e
l’ambientalismo – e quindi meno incline se non addirittura ostile alla presenza delle aree protette - che
finisce per costituire la risorsa “primitiva” e “tradizionale” su cui viene costituita l’immagine turistica del
territorio.
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