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204 X. 9. La musica di tradizione orale
Esecuzione: Giovanni Zarcone (voce), Salvatore Vinci (zampogna).
Rilevamento: S. Bonanzinga; San Filippo Superiore, 06/05/2001.
Facciuzza di galoffaru a bbuttuni,
chi cciàuru chi ffai quannu spampani.
Fai l’adori di lu ggielsuminu,
chi cciàuru chi ffai quannu spampani.
Ffàcciti dâ finestra scornacrapi,
patruni i sti tri pecuri rugnusi,
lampu di la finestra mmi ti trasi
e mmi ti pulizìa st’occhi araddusi.
Com’àiu a ffari ca sugnu malatu,
facitiminni assai pani bbugghiutu.
Iò vinu nun nni bbivu timpiratu,
mû bbivu fotti mi mmi dugna aiutu.
Quando la fila dei cofinara giungeva in paese, qualche donna si poteva accodare
al corteo suonando il tamburello (tammureddu). Ma era nel momento in cui si arrivava
presso il palmento che accadeva la cosa più notevole: il portatore più robusto si piaz-
zava all’ingresso e non consentiva agli altri di scaricare le ceste. Era chiaramente una
prova di forza e un gesto di sfida, cui gli altri replicavano iniziando a danzare una ta-
rantella al suono di zampogna e tamburello. Si ballava con la cesta sulle spalle (cû
còfinu ncoddu), davanti al palmento, anche per un’ora.
Allo stesso tempo prossimo e distante
dall’ambiente contadino era il sotterraneo
mondo degli zolfatai (surfarara). L’estra-
zione dello zolfo comportava condizioni
di lavoro altamente rischiose (non si con-
tano i morti a causa di frane, esplosioni o
esalazioni venefiche), secondo un regime
economico cinico e violento, fondato su
contratti a cottimo per i minatori e sull’in-
tenso sfruttamento di bambini e ragazzi
Fig. X.54. Racalmuto 2006. Canto con ac- dai sette ai quindici anni (carusi) occupati
compagnamento di scacciapensieri [foto sottocosto fino a dieci ore al giorno. Nei
di S. Bonanzinga] momenti di pausa – corrispondenti ai pasti