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(Cala S. Nicola) e nel 241 a.C. a Cala Rossa avvenne la battaglia decisiva della prima guerra punica. Nei
          secoli successivi Favignana fu presidiata dai Saraceni che vi costruirono numerosi torri di avvistamento
          come quella sul monte S. Caterina (montagna Grossa) e quella sul porto (oramai distrutta). Nel XI secolo
          Ruggiero II trasformò le torri saracene in fortilizi e costruì la fortezza di S. Giacomo. Durante il regno di
          Aragona, nel 1341 vennero impiantate a Favignana la tonnara S. Leonardo nella zona dell'attuale tonnara
          e quella di S. Nicolò. Nel 1637 la Corona spagnola fu costretta a cedere le isole Egadi al marchese
          Pallavicino come corrispettivo di un notevole prestito alle finanze locali. Pallavicino, poiché il
          popolamento di Favignana era condizionato dalla disponibilità di terra coltivabile, bonificò buona parte
          del suolo di Favignana, lasciando incolte e disabitate l’isola di Marettimo e quella di Formica, mentre a
          Levanzo venne realizzato un vigneto e furono costruiti magazzini e un palmeto. L’operazione di
          popolamento ovviamente fu realizzata per poter reperire la manovalanza necessaria per la pesca dei tonni
          effettuata sino ad allora da personale stagionale. I Pallavicino rimasero proprietari sino al 1874 allorché le
          cedettero ai Florio che attivarono a Favignana le loro redditizie attività economiche legate alla tonnara
          omonima. Con i moti risorgimentali, Marettimo e le altre isole si popolarono di deportati politici,
          imprigionati nella cisterna dell'acqua scavata ai piedi del Castello di Punta Troia, chiusa nel 1844 per
          volontà del re Ferdinando II. Dal 1860, in seguito alla spedizione dei Mille, cominciarono per gli isolani
          anni di pace e prosperità, interrotti dalla prima e dalla seconda guerra mondiale, durante la quale molti
          abitanti di Favignana morirono anche sotto ai bombardamenti. Al termine della guerra le Egadi conobbero
          un breve periodo di ripresa economica, finché ebbe iniziò il triste fenomeno dell'emigrazione, arrestatosi
          solo negli ultimi anni anche grazie allo sviluppo del turismo.

          L’arcipelago delle Pelagie trovandosi al centro del Mediterraneo divenne anch’esso rifugio  e punto di
          rifornimento delle navi dei Fenici, dei Saraceni, dei Romani e dei Greci. Monete ritrovate durante recenti
          scavi, fanno pensare che i Romani avessero insediamento stabile nell’isola, come nei secoli successivi lo
          hanno avuto gli Arabi. Notizie più  certe sulla storia dell’arcipelago si hanno a partire dal 1430, quando
          Alfonso V° d’Aragona, Re di Napoli, a Giovanni De Caro dei Borboni di Montechiaro. Nel 1551, una
          flotta ai comandi dell’ammiraglio Andrea Doria, sorpreso da una forte tempesta, ripara a Lampedusa e gli
          uomini dell’equipaggio si stabiliscono sull’Isola. Si sa poi che una terribile pestilenza colpisce l’isola
          intorno all’anno 1780. Nel 1800 i principi di Lampedusa concedono in enfiteusi una parte dell’isola a un
          gruppo di contadini che a sua volta ne cede buona parte, pochi anni dopo, a Alessandro Fernandez. I
          buoni rapporti non durano a lungo, tanto che i principi Tomasi chiedono a Ferdinando II Re delle due
          Sicilie, l’autorizzazione a vendere l’isola che fu invece riacquistata dal Re nel  1839, e trasformata in
          colonia agricola. Inizia un periodo di grandi opere tuttora esistenti: palazzi, dimore per i nuovi abitanti,
          frantoi, magazzini per i raccolti, piccoli stabilimenti per la salatura del pesce, cimitero. I Borboni, a corto
          di denaro,  incuranti delle proteste del loro Governatore, iniziano a concedere a chiunque ne facesse
          domanda, autorizzazioni a produrre carbone vegetale, utilizzando gli alberi dell’Isola, cosicché in breve
          tempo l’Isola viene privata della sua vegetazione e le coltivazioni furono sempre più esposte ai forti venti,
          divenendo meno redditizie. Di conseguenza, l’attenzione degli abitanti si concentrò prevalentemente sulla
          pesca.

          Nel 1860, con la caduta del Regno delle Due Sicilie, le Pelagie vengono unite al Regno d’Italia. Nel 1872
          il governo italiano, deciso a fare dell’Isola una colonia penale, nomina un Commissario che revoca tutte
          le concessioni di terre ai coloni, provocando un ulteriore regressione delle coltivazioni e un ovvio
          risentimento della popolazione. Fra alti e bassi dell’economia locale e lenti miglioramenti delle
          comunicazioni con la Sicilia, si arriva alla seconda guerra mondiale, durante la quale, per la sua
          importante posizione strategica sulla rotta fra la Sicilia, Malta, Libia e Tunisia, l’Isola viene fortificata.
          Finita la guerra, a lento rimorchio della rinascente economia italiana, Lampedusa saltò agli onori della
          cronaca quando nel 1986 Gheddafi lancia due missili contro Lampedusa, sbagliando comunque il
          bersaglio.

          Successivamente l’economia comincia a trasformarsi e la maggior parte del reddito degli abitanti arriva
          ora dal turismo, non più dalla pesca.



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