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Analizzando lo scenario a livello nazionale si evince che oltre il caso della Sardegna altre                                                                    CAPITOLO 5
Regioni quali la Campania1, il Lazio2, la Lombardia3, le Marche4, il Veneto5, la Valle d’Aosta6, il
Molise7, la Calabria8 e l’Umbria9 prevedono specifici contributi per la ricomposizione ambientale
delle aree interessate dall’attività di cava.
Tali fondi finanziano interventi su cave dismesse prima dell’entrata in vigore dei dispositivi
regionali che hanno introdotto l’obbligo del recupero al cessare dell’attività di coltivazione, i
dispositivi normativi si riferiscono a periodi differenti in relazione al quadro normativo
eterogeneo venutosi a creare a livello nazionale.
Il recupero ambientale obbligatorio dei siti estrattivi al cessare dell’attività, che attualmente si
configura come un principio non negoziabile, è previsto in tutti i dispositivi regionali sull’attività di
cava ed è a carico del cavatore che deve fornire adeguate garanzie in tal senso, il progetto di
recupero diventa parte integrante del piano di coltivazione. In alcuni casi si introduce il concetto
di recupero e reinserimento paesaggistico dell’area, del recupero per lotti e fasi successive al
procedere della coltivazione e si incentiva la riqualificazione d’uso.
Le garanzie per il recupero e il riassetto dell’area avvengono anche tramite specifiche
convenzioni tra l’ente pubblico e l’operatore privato che possono prevedere la cessione
dell’area al patrimonio pubblico una volta accertata la sistemazione ambientale e paesaggistica
dei luoghi (esempio Regione Marche10).
Le previsioni di finanziamento citate si configurano come una risposta alla situazione creatasi in
assenza di disposizioni specifiche concernenti il recupero delle aree estrattive, si tratta di siti
peraltro la cui coltivazione è avvenuta in assenza di un piano finalizzato al recupero per cui può
risultare difficoltoso progettare gli interventi di ricomposizione ambientale e in particolare di
riuso funzionale senza importanti rimodellamenti morfologici.
In generale i fondi dedicati al recupero delle aree estrattive dismesse privilegiano gli interventi in
ambiti di particolare pregio paesaggistico, in aree protette, nei parchi e in aree limitrofe ai centri
abitati; tali fondi incentivano sia il recupero ambientale e paesaggistico delle aree sia il riuso dei
siti per finalità diverse (esempio: riuso produttivo, riuso turistico e riuso culturale).
I destinatari dei fondi e programmi non sono esclusivamente gli enti pubblici, in alcuni casi sono
previsti finanziamenti a favore di interventi di iniziativa privata (esempio Regione Campania11,
Regione Veneto12), tuttavia si rileva una costante indicazione, per quanto riguarda la priorità,

1 L.R. 54/85 , Articolo 29 “Interventi nelle aree di cava abbandonate”; Articolo 32 “Contributi regionali”.
2 L.R. 17/04, Articolo 15 “Contributo per il recupero ambientale”; Articolo 20 “Recupero ambientale delle cave dismesse”.
3 L.R. 14/98, Articolo 39 “Riassetto di cave cessate”.
4 L.R. 71/97, Articolo 17 “Convenzione tra imprenditori e comuni”.
5 L.R. 44/82, Titolo V “Aree di cava abbandonate o dismesse” (articoli 34 – 38).
6 L.R. 5/08, Titolo IV “Riassetto delle cave abbandonate”, Articolo 19 “Provvedimenti relativi alle aree di cava dismesse”.
7 L.R. 11/05, Titolo V “Aree di cava abbandonate o dismesse”, Articolo 23 “Interventi nelle aree di cave abbandonate o dismesse”.
8 L.R. 40/09, Articolo 29 “Recupero ambientale dei siti estrattivi dismessi”.
9 L.R. 2/00, Articolo 12 “Contributo per la tutela dell’ambiente”.
10 L.R. 71/97, Articolo 12 “Autorizzazioni e concessioni”.
11 L.R. 54/85, Articolo 32 “Contributi regionali”.
12 L.R. 44/82, Articolo 37 “Contributi regionali”.

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