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migranti Caulerpa scalpelliformis (Mayhoub, 1976) e Caulerpa sertularioides (Turner),
favorite da azioni antropiche e da variazioni climatiche su scala globale (Gayol et al.,
1995), hanno trovato in Mediterraneo un’area biogeografia ospitale e ricettiva (Por et al.,
1985).
La prima segnalazione per il Mediterraneo della circumtropicale C. taxifolia risale al 1984,
quando fu osservata per la prima volta una piccola patch di 1 m2 davanti al Museo
oceanografico di Monaco (Meinesz & Hesse, 1991). Da allora, l’espansione dell’areale di
questa ”fuggitiva“ (l’alga è scappata accidentalmente dagli acquari del museo
oceanografico di Monaco) è stata più che documentata.
In Francia sono stati colonizzati 3 ha di superficie nel 1990; in Spagna 30 ha nel 1991 e
427 nel 1994. Nel 1993 la specie venne segnalata nelle acque dello Stretto di Messina
(Fradà Orestano et al., 1993) e nel 1997 raggiunse le coste adriatiche della Croazia.
Attualmente, la superficie totale occupata da C. taxifolia nel Mediterraneo è di 7000 ha.
Sebbene siano stati sperimentati diversi e talvolta fantasiosi metodi di eradicazione
(estirpazione manuale, uso di sorbone aspiranti, ghiaccio secco, acqua calda, ultrasuoni ed
elettrolisi con il Cu++), non è stato registrato alcun decremento della velocità di invasione e
sino ad ora nessun caso di regressione naturale è stato segnalato. E’ stato ampiamente
dimostrato che il ceppo mediterraneo di C. taxifolia differisce morfologicamente,
ecologicamente e fisiologicamente da quello delle popolazioni tropicali esibendo una taglia
più grande e slanciata, una velocità di crescita maggiore, favorita da una riproduzione per
sola via vegetativa (le uniche cellule riproduttive rilasciate da C. taxifolia sono maschili) e
soprattutto una strabiliante resistenza alle basse temperature.
L’elevata velocità di dispersione dell’alga è verosimilmente dovuta alla rottura e al
trasporto del suo tallo, che dopo la frammentazione operata molto spesso dalle reti da
pesca e dalle ancore delle imbarcazioni da diporto, si trasforma in una potenziale serie di
propaguli vegetativi.
Il successo competitivo di C. taxifolia è stato attribuito a una serie di fattori e un aspetto
chiave, che non deve essere trascurato, è la sua presunta tossicità (Gavagnin et al., 1994) o,
piuttosto, non appetibilità. Poche sono le specie di macroalghe che producono sostanze
tossiche; la pantropicale C. taxifolia è una di queste.
Tra i vari composti tossici della C. taxifolia, la caulerpenina (chimicamente appartenente
alla famiglia dei "terpenoidi") è quella che viene prodotta in maggior quantità e le
popolazioni attualmente invasive del Mediterraneo ne risultano particolarmente ricche:
circa 2 g di caulerpenina per Kg di alga fresca, durante il periodo estivo-autunnale.

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