Page 21 - Quaderno_nat_bio05_2013
P. 21

ma anche altrettanto sottostimata (cfr. Laghetti et al., 1996), come dimostrano le
             indagini condotte in questi ultimi anni e il lavoro di catalogazione messo in atto da Ines
             Lommatzsch e Anna Stigebrandt-Huerta. Se, infatti, sono stati studiati alcuni aspetti
             peculiari della frutticoltura pantesca quali la cappericoltura (Barbera e Di Lorenzo,
             1982) o, a motivo della loro esclusività, l’olivicoltura (Baratta e Barbera, 1981) e i
             “giardini”  (Brignone,  2012),  ed  è  abbastanza  nota  l’evoluzione  della  agricoltura
             nell’isola e anche le variazioni nelle coltivazioni (cfr. ad es. Calcara, 1854 a; Pasta e La
             Mantia, 2003), non vi sono studi sulla diversità frutticola, che pure sembra essere
             una costante nei secoli per quest’Isola. Calcara (1854) scrive che “gli arabi stabilirono
             i primi uliveti nella contrada Zyston nome indicante contrada degli ulivi … la varietà di
             ulivo che vi lasciarono gli antichi è la Giaraffa, oggi però propagano la così detta
             Bianculidda (oggi di fatto l’unica varietà presente, n.d.A.) … Coltivano inoltre in Pantelle-
             ria varie piante legnose da frutta, così i pomi … la migliore è quella che dicono Giurbi,
             che è la più zuccherina … di peri, di rossi, di S. Giovanni, di Salemi, di Giampaolo … colti-
             vano il carrubo, mandorlo, pesco, albicocco ed altri alberi da frutto”. Calcara riporta
             inoltre un lungo elenco di varietà di vite. Qualche anno dopo Furia (1863) a proposito
             delle specie da frutto scrive: “trovansi impiantate a vigneti, ed alberi fruttiferi di fichi,
             mele, mandorle, fichidindia e simili”. Tra questi simili non dimentichiamo che c’è anche
             il castagno.
















                             I frutti di questo olivastro di San Pantaleo (Mozia) sono stati raccolti
                               probabilmente dai Cartaginesi  (T. La Mantia)

             Assolutamente sconosciuta è la biodiversità frutticola delle isole dello Stagnone e
             delle  Egadi  che,  tra  l’altro,  non  hanno  mai  suscitato  l’interesse  dei  naturalisti
             dell’Ottocento come il Calcara, a causa anche dell’assenza di piani organici di coloniz-
             zazione. Probabilmente un ruolo non secondario lo ha giocato l’importanza per le isole
             di altre attività, come le saline, la roccia da intagliare, i boschi, ma anche la complessa
             storia umana (cfr. Maurici, 2001) e l’effettiva ridotta importanza in termini di superfici
             investite,  si  pensi  a  Marettimo  e  a  Levanzo.  Poche  informazioni  sono  disponibili,  ad
             esempio,  per  i  vigneti  nell’isola  di  Levanzo  impiantati  dai  Pallavicino  alla  fine  del
             Seicento.

      26
   16   17   18   19   20   21   22   23   24   25   26