Page 12 - Pirriaturi_FTorre
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la pietra, si procedeva lasciandosi dietro la fenditura e, terminarane una, ci si
spostava a destra di 50 o 25 cm, secondo che il taglio fosse una longa o una
!rinca. Di solito l'operatore stava un po' lateralmente al taglio che andava facendo.

      Per ogni strato di cantuna tagliato, si chiama aperta chiavi l'estrazione ri
primi ru fila, cioè dei conci compresi tra le prime tre fenditure longirudinali, fino
ad arrivare alle poche !rinchi eseguite. Di solito si estraeva per primo uno dei
conci adiacenti a quello dell'angolo dal quale si erano iniziati i lavori di taglio.

Era il più diJlicile da ascippari, poiché non aveva altre facce libere che quella

superiore; spesso perciò andava in frantumi. L'operazione dell'ascippari consi-
steva nell'introdurre obliquamente in una !rinca (verso la metà della lunghezza del
concio).E...J?i...npg _ra mannaro e nel picchiare due o tre colpi sulla portione sporgente
di essa, con l'occhiu ru zxappuni. Ciò allo scopo di fari salari u cantuni (farlo
staccare dalla pietra sottostanre lungo la linea immaginaria passante per tutti i
punti del perimetro del concio, situati alla profondità raggiunta dai ragli). Era
consuetudine di molti pirriatura mettersi a cavallo del marrugg·iu della mannaro,
sporgente dalla !rinca, per poterlo tenere fermo con la gamba sinistra mentre
vibravano i colpi. Più spesso, usavano una vecchia mannaro smarruggiata (priva
eli manico) non più usata per il taglio. Per completare l'operazione, u pirriaturi
inseriva la lama ru zappuni nella longa delimitante a listata ru cantuni più distante
da lui e, facendo leva, u mittia iUJifrilla (lo rizzava).

      Operazione complementare a questa era quella di sbattiri u cantuni: pareg-
giarne le facce facendo uso della pinna ra mannaro, che, per questo, è sottile e
tagliente. L'operazione poteva essere eseguita dallo stesso operatore subito, o dopo
aver ascippat·u un intero filu; nel lavoro in coppia, l'operazione veniva eseguita
dal meno pràtticu (esperto) nell'ascippari.

      Durante l'aperta chiavi, appena tolti i primi due o tre conci, l'operatore
scendeva nel riquadro rimasto libero, in modo da facilitarsi il compito, specie
nel mettiri iUJifritta u ca11tuni. Qualcuno, specie sulla pe{ra mo#ra .(tufo friabile),
usava, per arcippari, a petra vlllliri. Essa era un blocchetto di tufo assai compatto
o di pietra viva, foggiato nel primo caso dal pirriaturi stesso, nel secondo da
uno scalpellino. Provvista di due appigli per le mani su facce opposte, essa veniva
battuta con forza sulla listata evidente ru cantu11i, sicché questo salava più facil-
mente, essendo la forza applicata su rutta la superficie di una faccia (queUe della
pe{ra vattiri avevano dimensioni compatibili ca listata "' cantuni). .Prima eli
asiippari, però, è necessario sfogari i !rinchi e an11ittari u filu : allontanare cioè
da essi i detriti formatisi nel tagliare la pietra. Le prime venivano liberate usando
la mannara, il resto del ~voro veniva compiuto usando la pala (anticamente tutta
 in legno) con la quale si riempivano i carteififri. Esse venivano svuotate io zone
 della cava ormai sfrurraie ed abbandonare, dette scapulu (libero e privo di utilità).
 Di frequente questi compiti erano aflidati a un picciutteififru.

       La pietra tufacea è a volte attraversata, nel suo spessore, da venature di
 consistenza più dura (nervo), procedenti spesso in diagonale; può inoltre essere

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