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tipica  dell’architettura  di  Bisanzio  e  del  suo  culto.  Nel  nostro  caso,  se  si

                   accetta la mancanza di protesi e diaconico, è presumibile che l’edificio non

                   sia  posteriore  al  VI  secolo,  quando  questi  elementi  diventano  generali  in

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                   Italia .
                             Sia da quanto si ricava dagli studi che da ciò che rimane in sito, si

                   ritiene che la basilica abbia attraversato quattro fasi edilizie testimoniate dai

                   tre pavimenti e da un ulteriore inserto musivo nel secondo.  Il pavimento A

                   (più recente) presenta un’iscrizione di difficile lettura (Fig.62). L’iscrizione

                   non risulta infatti più leggibile in loco, rimanendo appena visibili le sole due

                   ultime  lettere della parola  pontificis  e le prime  due   della parola seguente

                   patris.  Il  distacco  di  parti  notevoli  non  riguarda  solo  il  mosaico,  ma

                   coinvolge anche lo strato di cocciopesto su cui esso poggia. Ciò si evidenzia

                   soprattutto nella parte alta a sinistra e in basso a destra del lacerto musivo,

                   zone purtroppo dov’erano presenti altre parole, le cui integrazioni avrebbero

                   forse  permesso  una  più  chiara  lettura.  Si  può  constatare  che  l’iscrizione

                   occupa una notevole superficie rispetto alle dimensioni della basilica. Anche

                   in base alla sua posizione centrale, si può ritenere dunque molto probabile

                   che  quest’epigrafe  rappresentasse  il  fulcro  dell’intero  mosaico,  in  cui  si

                   integrava armoniosamente, come dimostra un piccolo stralcio musivo che si

                   era conservato in discrete condizioni. Sulla destra dell’iscrizione rimaneva

                   infatti  un  breve  tratto  decorato  a  bande  spiraliformi  e  volatili.  Si  poteva

                   notare in questo mosaico una maggiore accuratezza ed eleganza rispetto a


                   tutti gli altri presenti all’interno della basilica. Le tessere di questo mosaico,
                   come  anche  quelle  degli  altri  pavimenti,  mostrano  tre  diverse  tonalità:  il


                   bianco, che si ricava da un calcare che in Sicilia viene denominato lattimusa;




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                             Nella zona adriatica, dove più efficace e pronta giunse l’influenza bizantina, questi ambienti
                   compaiono  anche  prima.  Sembra  che  in  Sicilia  invece  questa  consuetudine  costruttiva  si  affermò

                   pienamente solo in periodo normanno e svevo.

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