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Evasioni e tentate evasioni dalla fortezza della Colombaia – di Giuseppe Romano
quest’ultimo l’iniziativa del progetto di evasione, limitandosi solo a dire
di averlo comunque aiutato nello scavo. Tale tentativo di evasione che
seguiva quello del 1944 del detenuto Giliberti, tentato con le medesime
modalità, comunque sortì l’effetto di far rifare tutti i muri a suo tempo
costruiti dalla Ditta Grimaldi, in quanto, dopo le preoccupazioni espresse
dal Capoguardia Torregrossa sulla debolezza dei muri e quindi sulla
possibilità che altri detenuti potessero pensare di scavare altri buchi, il
Direttore del carcere aveva conferito con il Procuratore del Regno e
l’ingegnere capo del Genio Civile e così alla Ditta Grimaldi fu imposto
di rifare tutti i lavori a proprie spese.
Ma, l’episodio della tentata evasione ebbe un ulteriore risvolto.
Un’inchiesta disciplinare interna condotta dal Comandante del carcere
Capoguardia Giulio Prosatore e il Direttore Ferrari, in quanto i due
detenuti Rappa e Pirrello, nonché il detenuto Cascio Vito, lamentarono
dei maltrattamenti nei loro confronti da parte degli agenti della
Colombaia (il carcere della Colombaia era la succursale delle carceri
Centrali o Vicarìa, pertanto il Direttore era unico ed il Comandante era in
servizio al Centrale, un suo pari grado alla Colombaia n.d.r.). Quindi, il 7
agosto, il detenuto Rappa fu portato nuovamente al cospetto del Direttore
al quale ebbe a dichiarare: “la sera del 1° agosto 1945 alle ore 19.30 il
Capoguardia Torregrossa e il Sottocapo La Delfa mi fecero uscire dalla
camera n.7 della 2^ Sezione della Colombaia e mi condussero avanti al
signor Direttore nell’ufficio del Capoguardia stesso. Il signor Direttore
mi chiese se io avevo organizzato o partecipato al tentativo di evasione.
Io risposi di nulla sapere. Il Direttore mi ordinò che mi conducessero in
cella ed allora il Sottocapo La Delfa e la guardia Piparo mi condussero
nelle celle di segregazione. Arrivato davanti la cella a me destinata
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