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Evasioni e tentate evasioni dalla fortezza della Colombaia – di Giuseppe Romano
detenuto che non sia stato trattato con grande umanità e comprensione
dei suoi bisogni”.
L’agente Calogero Piparo dichiarò che i detenuti portati alle celle di
segregazione opposero una certa resistenza perchè temevano di essere
bastonati. Si cercò di convincerli ad entrare nelle celle ma essi si
afferrarono agli spigoli della cella, facendo resistenza. Fu necessario,
quindi, afferrarli per le gambe e per le braccia e farli entrare a forza nelle
celle; continua, poi. Dichiarando con indignazione: “respingo in modo
esplicito l’accusa di avere seviziato i detenuti. Io sono un giovane di
buona famiglia. Non credo di avere un animo cattivo e del resto non ho
avuto e non ho nessuna ragione per infierire sui detenuti che fino a
pochi momenti prima erano addetti ai servizi di fiducia. Non solo io non
li ho bastonati ma posso asserire che nessun altro del personale ha
tormentato i detenuti in parola. Ripeto: per poterli fare entrare nelle
celle, dato che essi opponevano resistenza afferrandosi agli spigoli delle
porte e alle sbarre dei cancelli, si dovettero afferrare e sollevare di peso
e malgrado essi si divincolassero, portarli dentro la cella.”
Anche l’agente Campiglia confermò la versione, aggiungendo che fu
necessario strapparli a viva forza dai cancelli delle porte alle quali si
erano aggrappati ed introdurli portandoli di peso nelle celle.
Naturalmente i detenuti nella colluttazione che si era resa necessaria per
vincere la loro resistenza, riportarono delle ammaccature e delle
escoriazioni che non credo abbiano lasciato conseguenze.
Il sottocapo Anselmo La Delfa aggiunse che: “come tutti possono
attestare i detenuti sono stati sempre trattati con grande spirito di
comprensione, umanità e tante volte sorpassando alle loro mancanze”.
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