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che quella manciata di minuti entro la quale gli agenti avrebbero scoperto l’evasione era fondamentale per
raggiungere il Lazzaretto. Una volta toccata la terraferma, nessuno l’avrebbe potuto prendere mentre si
nascondeva tra le macerie di una città che usciva faticosamente dalla guerra, con l’aiuto di un violento
temporale che rendeva difficili le ricerche.
Giovanni Mangione si portò verso la passerella di tramontana cercando un modo o forse una barca per
lasciare l’isolotto ma l’allarme era stato già dato, udiva i colpi di moschetto sparati in aria dagli agenti,
sempre più vicini e in pochi minuti, senza opporre resistenza fu catturato dagli agenti Cavarra e Grassiccia.
Mancava ancora un particolare; chi aveva fornito il seghetto al Galante? “Non so chi abbia potuto fornire il
Galante di seghetto perché non si è mai confidato con me però posso dire che il 20 agosto il detenuto
Catanzaro fece un colloquio con la madre ed il fratello Giovanni. Rientrato in camera il Catanzaro si mise a
parlare a bassa voce con il Galante ed il Galatioto quindi il Galante prese una coperta, la mise innanzi
l’entrata del gabinetto e questo mi fece supporre che avesse nascosto qualche cosa di sospetto; pertanto
escludo nel modo più assoluto che il seghetto sia stato fornito da qualche lavorante”. In buona sostanza gli
altri detenuti confermarono i fatti affermando tutti di essere stati minacciati in quanto il Galante aveva
intimato loro il silenzio. Alcuni avevano capito subito che Galante e compagni stavano tentando l’evasione
ma preferirono girarsi dall’altra parte. L’evasione ebbe conseguenze disciplinari per l’agente Caschetto
Giorgio che “avrebbe dovuto essere più attento nella sorveglianza ed avrebbe dovuto insospettirsi
dell’animazione che indubbiamente doveva regnare nella camerata sia per il lavoro di segatura delle sbarre
e sia per la presenza di diversi detenuti al cancello della camerata per spiare il di lui movimento.
Il detenuto Galatioto Giuseppe, ( che si era sposato nelle carceri della Colombaia il 7 luglio del 1946 alle
ore 10.00 con la signorina Lina Garziano) venne tradotto per motivi di ordine e disciplina, alla Casa di
Reclusione di Favignana il 7 maggio 1948.
Il 26 maggio 1948, a distanza di otto mesi dall’evasione, Nicolò Galante l’unico detenuto che riuscì a
fuggire dalla Colombaia, senza essere catturato, fu rinvenuto “ucciso da malfattori” in contrada Tortorina
di Gibellina.