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una eventuale azione di forza, dato che si era in attesta del Procuratore della
Repubblica. Giungono anche i Sostituti Procuratori Giacomelli e Stella ed il Giudice
di Sorveglianza, ai quali il direttore illustra la situazione e i motivi della protesta.
Anche i Magistrati convengono sulla necessità di continuare nell’opera di
persuasione per cercare di evitare qualsiasi grave conseguenza. Ma anche l’opera dei
Magistrati non ebbe successo tanto che dopo una telefonata al Procuratore della
Repubblica tutti convennero sulla opportunità di rimandare un’eventuale azione di
forza al giorno successivo.
La mattina successiva, il Maresciallo Millo, intorno alle ore 7.30 attraverso
l’inferriata della finestra dell’ufficio del brigadiere parla con il detenuto Di Stefano
Giacomo che sapeva di avere un grande ascendente sui compagni, e lo esorta a
convincere gli altri detenuti a desistere dall’atteggiamento “ostinatamente ribelle”.
Mezz’ora dopo, il Di Stefano fa chiamare il Maresciallo, invitandolo da solo ad
entrare nel cortile perché tutti i detenuti volevano parlargli. Facendosi spazio tra le
brande accatastate all’ingresso, il Maresciallo Millo entra nel cortile, senza timore
alcuno. Immediatamente tutti i detenuti lo circondano minacciosamente, ma il
Maresciallo con grande freddezza spiega loro che quella protesta, se prolungata
avrebbe potuto avere delle conseguenze anche tragiche, nel caso di un’azione di forza
da parte degli agenti di custodia e di quelli di P.S., e cerca quindi di persuadere i
facinorosi a rientrare nelle loro celle. Finalmente la tenacia e l’eloqui del Maresciallo
Millo ottengono l’effetto sperato. I detenuti si convincono a rientrare; vanno a
“sbarricare” i cancelli, liberandoli e in un batter d’occhi trasportano i pagliericci e le
brande nei rispettivi cameroni – dormitori.
Frattanto, intorno alle 9.00 giungeva il Procuratore della Repubblica il quale
rivolse ai detenuti parole d’occasione assicurandoli che avrebbe fatto presente alle
superiori Autorità quanto loro desideravano. La brillante operazione del Maresciallo
Millo che aveva risolto la protesta con le “buone e paterne” parole, fu molto
apprezzata dal Direttore poiché era ritornata la calma nello stabilimento senza
spiacevoli conseguenze. In seguito il Direttore chiese al Ministero di esprimere un
elogio ufficiale per il personale ed in particolar modo per il Maresciallo titolare per
l’abnegazione il senso del dovere e l’impegno posto in una circostanza così delicata.
La protesta dei detenuti era rientrata. Adesso era il momento delle indagini e di
trarre le conclusioni. Il Maresciallo appurò che i cancelli delle celle erano stati aperti
dai detenuti con un gancio lungo 15 cm. Staccato appositamente da una porta. Ma il
Maresciallo e i suoi uomini avevano anche annotato minuziosamente ciò di cui si
erano resi colpevoli gli ammutinati, descrivendo i capi di accusa per ognuno dei
detenuti che protestavano in cortile: