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Nota dell'autore Salvatore Mastrobattista
Un ricordo appassionato, un rispetto quasi sacrale per usan- nato a Favignana nel 1920. Ha conseguito la licenza ele-
ze, riti e preghiere, ma anche un riferimento esatto a fenome- mentare. Vive con la moglie in Via C. Colombo. Ha
ni biologici che scandiscono la vita del tonno: "o tunnu ci gira svolto nel corso della sua vita varie attività.
l'occhiu" ossia inverte la sua rotta avendo adempiuto ai suoi
compiti riproduttivi. Il mio primo ricordo è legato ai miei insegnanti delle ele-
Ed ancora la conoscenza di fatti e persone (Elsa Guggino, mentari, bravi ma severi che, grazie al loro rigore, mi hanno
Enzo Maiorca) che dimostrano la buona capacità di relazio- messo nelle condizioni di prendere la licenza di V elementare.
narsi da parte di questo personaggio, malgrado lo scarso livel-
lo di scolarità, ed anche la sua piena coscienza di essere depo- Erano il maestro Paolino Catalano, il maestro Spadaro e poi
sitario di una cultura importante di cui si augura la sopravvi- il maestro Lentini che tutti chiamavano il gobbetto. AIl'età di
venza e a cui i giovani dovrebbero guardare con rispetto. nove anni ho cominciato a lavorare e a portare il mio contri-
buto al sostegno della famiglia. Lavoravo come manovale nel-
28 le cave di tufo e ricevevo un pagamento settimanale in natura
costituito da 4 chili di farina. Oggi non diamo valore a 4 chili
di farina, ma allora era considerata un bene prezioso: quella
farina per mia madre era una benedizione perché le permette-
va di fare la pasta per tutta la settimana per la famiglia che era
povera e numerosa, infatti eravamo in sette. Ho fatto questo
lavoro con orgoglio fino a dodici anni sentendomi una colon-
na portante della famiglia e non ricordo di avere avuto tempo
per i giochi normali dei bambini. L'unico mio divertimento era
quello di scorazzare con una bicicletta sgangherata, senza co-
pertoni e con le ruote sbilenche a cui io legavo delle corde per
farle girare. Quando avevo un po' di tempo libero incontravo
i ragazzi della mia età nello spiazzale vicino casa, chiamato "u
scaru ri sacchi" cioè Poggio Amico, e lì davanti c'erano delle
conche d'acqua poco profonda dove in estate i ragazzi impa-
ravano a nuotare. Da lì partivano gli schifazzi che esportava-
no in terraferma i tufi estratti nelle proprietà "da za Peppa Ra-
pacchia". Ricordo perfettamente gli operai bianchi di polvere
che imbarcavano i tufi, le rotaie che scendevano verso il mare
percorse dai carri e la signora che vigilava e contava il carico.
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