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CAPITOLO 2

dobbiamo inoltre dimenticare i vuoti lasciati dalle cave di prestito8 e le ipotesi di coltivazione in
deroga9 al quadro normativo e pianificatorio vigente.
Nei paesaggi estrattivi dismessi da lungo tempo e abbandonati la progettualità relativa al
recupero del sito è fortemente condizionata dalla morfologia che lo stesso ha assunto durante
la pregressa coltivazione. In tali aree si presentano situazioni di profondo degrado ambientale
accompagnate dalla necessità di messa in sicurezza e bonifica, in alcuni contesti, anche a
causa dei periodi lunghi di abbandono, si innescano processi di rinaturalizzazione che
conducono alla creazione di ecosistemi dalle singolari caratteristiche. Gli interventi di recupero
non sono da ricondursi ad un soggetto specifico, pertanto risulta necessario incentivare le
azioni in tal senso tramite politiche apposite e strumenti dedicati; in generale si prevedono fondi
indirizzati a sostenere gli interventi di recupero ambientale e di messa in sicurezza delle aree, le
risorse disponibili non risultano sufficienti rendendo necessario incentivare gli interventi di
recupero tramite il coinvolgimento degli operatori e dei capitali privati.
L’ultima ipotesi è quella invece che interessa i siti in attività, dove è il piano di coltivazione che
comprende il progetto di sistemazione dell’area; nell’ambito delle buone pratiche e nella prassi
che va consolidandosi il recupero ambientale avviene contestualmente alla fase di coltivazione,
al procedere dei lavori di coltivazione si procede al recupero ambientale dell’area.
In generale diversi autori (Trasi, 2001; Vallario e Del Gaudio, 2007) indicano diversi livelli di
recupero: sistemazione provvisoria in attesa di una sistemazione futura; ripristino ambientale
che tende a riportare il sito all’uso originario, cioè quello riferito alla fase pre-estrattiva;
recupero, detto anche recupero funzionale, che tende ad assegnare al sito una funzione diversa
rispetto a quella originaria.
La riqualificazione d’uso10 dei siti estrattivi dismessi va oltre il solo recupero ambientale e
riutilizza l’area ormai compromessa per la collocazione di nuovi funzioni, capaci di generare
esternalità positive sul territorio sia dal punto di vista economico sia sotto l’aspetto sociale in
termini di soddisfacimento dei bisogni della comunità, rispettando i principi di sostenibilità sotto il
profilo ambientale, culturale, paesaggistico ed economico.

8 Le cave di prestito sono le attività di coltivazione volte a soddisfare il fabbisogno di materiali legato a specifici interventi edilizi,
urbanistici e in particolare infrastrutturali, come ad esempio quelli stradali, prevalentemente ad iniziativa pubblica. La Regione Marche
allega al PRAE una specifica direttiva “Direttiva per le cave di prestito” volta a disciplinare le procedure per ottenere l’autorizzazione
all’esercizio dell’attività estrattiva per l’approvvigionamento delle materie prime minerali di seconda categoria necessarie per la
realizzazione di opere pubbliche. La direttiva obbliga gli appaltatori alla ricomposizione ambientale.
Le cave di prestito rappresentano un esempio significativo di cattiva pratica, non è inconsueto intravederne i segni lungo i tracciati viari,
scavi abbandonati in assenza di adeguati interventi di ricomposizione ambientale e paesaggistica.
9 Nelle ipotesi di eventi calamitosi e catastrofici può risultare necessario concedere l’apertura di nuove cave in deroga alle vigenti
disposizioni normative. La Regione Valle D’Aosta nella Legge regionale 13 marzo 2008, n. 5 “Disciplina delle cave, delle miniere e delle
acque minerali naturali, di sorgente e termali” all’articolo 14 “Estrazione di materiale di cava nel caso di eventi calamitosi” disciplina
l’apertura di cave in deroga al PRAE per sopperire ad esigenze eccezionali. Analogamente la Regione Toscana nella Legge regionale 3
novembre 1998, n. 78 “Testo Unico in materia di cave, torbiere, miniere, recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili” e
ss.mm.ii. all’articolo 28 “Disposizioni di carattere eccezionale” prevede il rilascio di autorizzazioni in deroga al quadro normativo e
pianificatorio vigente nelle ipotesi di gravi calamità naturali.
10 Le funzioni attribuite ai siti estrattivi a cielo aperto nei casi di recupero funzionale possono essere così esplicitate: ripristino dell’uso
originario che restituisce al sito la funzione che aveva prima che iniziasse l’attività di coltivazione; creazione di suoli fertili per attività
agricole; realizzazione di spazi per usi sociali e ricreativi quali parchi attrezzati, parchi naturalistici, parchi sportivi; creazione di bacini
artificiali per lo stoccaggio delle acque; itticoltura o pesca sportiva tramite l’utilizzo dei laghetti artificiali generati dall’attività di
coltivazione; aree per insediamenti urbanistici (destinazioni residenziali, turistiche, produttive, etc.); discariche sia di materiali inerti sia di
altri rifiuti; destinazione per scopi didattici anche tramite la creazione di percorsi finalizzati ad illustrare, direttamente in cava, il ciclo
produttivo; impianti per la produzione di energie da fonti rinnovabili.

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