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particolare di ceramica che è stata datata approssimamente ad epoca tardo-

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                   antica . Si tratterebbe di uno spazio di circa 25.000 mq. su cui giacciono
                   cocci  di  tegole,  di  giare  e  di  anfore,  di  ceramica  fine  a  fondo  nero,  di

                   ceramica decorata e mattoni per costruzioni. Inoltre è possibile identificare

                   resti di alcune costruzioni antiche in tufo. Come evidenziato dagli archeologi

                   che hanno effettuato la prospezione, è molto probabile che l’abitato antico si

                   trovi ad alcuni metri di profondità. Le osservazioni effettuate da un gruppo

                   di archeologi della Normale di Pisa sono altamente plausibili. I resti ceramici

                   attribuiti ad epoca tardo-antica, presentano caratteristiche di composizione,

                   di  fattura  e  di  tipologia  locale;  quest’ultimo  dato  farebbe  ipotizzare  la

                   presenza  in  loco  di  un’area  industriale  per  la  preparazione  di  materiali

                   ceramici, prodotti e destinati all’uso locale, ma anche presumibilmente alla

                   esportazione, date le possibilità di comunicazione via mare.

                          Tale ultima ipotesi sarebbe avvalorata dalla presenza di alcuni cumuli

                   di materiale di scarto, tipici di fornaci, residui di lavorazioni, con riferimento

                   alla ceramica ma anche alla fusione. Appare quindi urgente un intervento di

                   scavo entro breve termine.

                          Dell’emporium  segestanorum  abbiamo  alcune  notizie  lasciatici  dalle

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                   fonti antiche .



                          324  INTERNICOLA-CORSO 1993, p. 162.
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                             L'esistenza di un emporio, cioè di uno scalo marittimo dell'antica città di Segesta, è desumibile
                   da indicazioni presenti negli autori classici a partire almeno dagli inizi del V sec. a. C. vd., ERODOTO (158,
                   2); TUCIDIDE (VI, 44, 4); (VI, 46, 1); (VI, 62, 1); DIODORO SICULO (XIII, 6, 1); POLIBIO (I, 24, 2), Cicerone

                   menziona, tra l'altro,  una  Segestana navis (Verr., II, 5, 86) e un certo Eraclio di Segesta, navarco, cioè
                   capitano  di  navi,  ingiustamente  punito  da  Verre  (Verr.,  II,  5,  111):  tutte  queste  testimonianze  dunque
                   lasciano  supporre  l'esistenza  del  porto  di  Segesta,  pur  non  essendo  distinto  dal  nome  della  città.  Una
                   menzione esplicita si trova invece presso Strabone (VI, 2, 5) e presso il geografo Tolomeo, ove però la
                   collocazione del sito, forse per un mero errore materiale nella trasmissione del testo, è palesemente errata.
                   Tolomeo infatti fornisce la seguente disposizione riferendosi alle località della costa da Palermo a Trapani
                   (Geografia,  III,  4,  2):  Panormo,  Cetaria,  foce  del  fiume  Bathis  (odierno  Iato),  Drepano,  Emporio  di

                   Segesta, promontorio  Egitarso (capo S. Vito). È evidente che qui l'ordine esatto non viene osservato, in

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