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militari, amministrativi, politici e religiosi musulmani, ma al tempo stesso,

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                   rimasero in parte centri cristiani . Difficile stabilire le percentuali in termini
                   numerici  di  cristiani  nella  parte  occidentale  della  Sicilia,  dove

                                                                                            461
                   l’immigrazione  di  Arabi,  Berberi  ed  Andalusi  è  ben  attestata ,  per  cui,
                   possiamo  solo  desumere  che  in  queste  zone,  una  buona  percentuale  della

                   popolazione  cristiana  si  sia  convertita  all’Islam  o  almeno  arabizzata:  ′Ibn

                   Ḥawqal, che visitò la Sicilia nel 973, racconta infatti che molti cristiani del

                   Val di Mazara erano sposati con donne cristiane, le cui figlie continuavano a

                   professare  la  religione  della  madre,  mentre  soltanto  i  maschi  erano

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                   musulmani .
                          È soltanto a partire dal X secolo con la nascita dell’emirato di Sicilia

                   che gran parte delle civitates e dei castra bizantini passarono definitivamente

                   sotto l’ordinamento amministrativo dell’emiro residente a Palermo il quale

                   aveva  gli  stessi  doveri  del  califfo.  In  particolare,  il  sistema  teocratico

                   incentrava  tutti  i  poteri  sull’emiro  e  sui  suoi  subalterni.  L’emiro  svolgeva

                   anche  la  funzione  di  sorveglianza  sia  sull’amministrazione  delle  città  che






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                             In generale, gran parte della popolazione libera che non abbracciò la fede islamica mantenne i
                   propri beni purchè pagassero una tassa aggiuntiva per la persona chiamata gizȋah ed una tassa per i beni
                   posseduti chiamata  harag.  Nelle città i  funzionari arabi controllavano l’amministrazione cittadina per  la
                   polizia,  per  l’annona  nonché  per  i  lavori  edìli  mantenendo  comunque  una  certa  associazione  in  campo
                   giuridico con i cristiani dell’isola. Come riferitoci dalle cronache dell’epoca, i ḏimmȋ per tutelare i propri
                   diritti, in caso di problemi legali,  avevano la possibilità di contattare un’autorità giudiziaria loro attribuita;
                   In Mawerdi, in AMARI 1854, I, p. 481: “E quand’essi facciano scisma in religione, o contendano su loro

                   ortodossia,  non  siano  molestati  né  costretti  a  palesare  qual  credenza  tenessero.  Nelle  cause  loro,  se
                   adiscano loro hâkim, (magistrato in generale) non ne siano impediti; ma se richieggano il nostro hâkim,
                   questi giudichi secondo ragion musulmana, e gli accusati subiscano le pene che fossero per meritare. Chi
                   poi abbia violato il patto di vassallaggio, ne soffra le conseguenze, e si tenuto come nemico”.
                          461  BRESC 1986, p. 284.
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                             Ibn Hawqal, Configuration de la Terre, (ed. KRAMERS-WIET, PARIS-BEYROUTH, II, 1964) p.
                   128:  “  La  maggior  parte  degli  abitanti  delle  piazza  forti,  delle  zone  rurali  e  dei  villaggi  sostengono

                   l’opinione che è permesso concludere dei matrimoni con donne cristiane…”.

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