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(Fig.4).  Il fatto che l’Itinerarium non menzioni la città di Segesta, potrebbe

               far pensare alla marginalità di quest’ultima rispetto ai traffici commerciali e

               al suo lento abbandono da parte dei suoi abitanti verso l’area di fondovalle

               attraversata  dal  fiume  Freddo.    La  città  di  Segesta  compare  invece  nella

               Tabula Peutingeriana (Fig. 10),  ed in una epistola di san Girolamo del 383

               d.C.  ,  il  quale  cita  un  certo  Onasus  segestanus,  residente  a  Roma  ma  di

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               chiara discendenza segestana .
                      Dall’altomedioevo  alla  conquista  normanna,  il  comprensorio

               segestano è avvolto nel silenzio, la mancanza di un monastero importante e

               l’esiguo numero di pubblicazioni degli archivi del vescovado di Mazara si

                                                                                      275
               limitano a fornire soltanto dati a partire dalla fine del medioevo .
                      Le  ricerche  archeologiche  effettuate  nel  corso  degli  ultimi  anni

               nell’agro segestano   276  hanno evidenziato un crescente declino della città di


                      274  Secondo uno studio del Nenci,  Onasus, non sarebbe un cognomen scaturito dalla fantasia di

               Girolamo,  ma  un  nomen  vero  e  proprio.  NENCI  1995,  pp.90-94;  NENCI  1996,  pp.  479-488;  cfr.  anche
               MAURICI 2005, p.162.
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                         TARANTO 1980-81.
                      276  È opportuno ricordare che è soltanto dagli anni settanta del XIX secolo, che le indagini storiche
               ed  archeologiche  svolte  nel  territorio  dell’attuale  comune  di  Calatafimi,  hanno  fornito  i  primi  dati  sulle
               tipologie insediative dal tardo antico alle soglie dell’età moderna. Ad inagurare la ricerca nel 1977 sono

               stati Henri Bresc e Geneviève Bresc Bautier a cui si deve la raccolta della documentazione medievale con la
               relativa analisi delle fonti scritte e della toponomastica, oltre alla effettuazione delle prime ricognizioni nei
               siti  di  Calathamet,  Segesta/Calatabarbaro  e  Calatafimi.  In  questo  stesso  periodo,  è  Vittorio  Giustolisi  a
               compiere  le  prime  indagini  storiche  ed  archeologiche  presso  il  sito  delle  Aquae  Segestanae,  mentre  dal
               1978,  campagne  di  prospezione  e  poi  di  scavo  organizzate  dall’École  Française  de  Rome  e  dal  Centre
               Interuniversitaire d’Histoire et d’Archéologie Médiévales di Lione e dirette da J.M. Pesez e J.M. Poisson,

               hanno messo in risalto la presenza di un villaggio presso il  sito del castrum di Calathamet. A partire dal
               1989 sono stati invece intrapresi gli scavi sistematici dell’area urbana di Segesta sotto la direzione della
               Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Trapani con la collaborazione scientifica della Scuola
               Normale  di  Pisa,  del  Dipartimento  di  Archeologia  e  Storia  delle  Arti  dell’Università  di  Siena,  dei
               Dipartimenti  di  Archeologia  delle  Università  di  Lecce  e  di  Palermo.  Nel  1994  è  stata  svolta  la  prima
               campagna di scavo (preceduta da un breve intervento nel 1992) presso il Castello Eufemio di Calatafimi
               condotta dalla Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali della provincia di Trapani in collaborazione

               con l’Università di Siena. La ricerca storico-archeologica nel comprensorio di Calatafimi Segesta è divenuta

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