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percorsi di migliaia
                                                                                          di miglia nei suoi
                                                                                          spostamenti e che
                                                                                          consuma una grande
                                                                                          quantità di energia
                                                                                          biochimica. Da qui
                                                                                          anche  la voracità
                                                                                          di questo animale
                                                                                          che   ha    bisogno
                                                                                          continuamente     di
                                                                                          ricostituire le sue
                                                                                          riserve energetiche.
                                                                                          Come già accennato,
                                                                                          gli  antichi  studiosi
                                                                                          non avevano nozione
                                                                                          alcuna delle correnti
                                                                                          per cui dovettero
            Fig. 10 – Corrente atlantica in Mediterraneo e sue diramazioni. Le tonnare di corsa o di andata
            sono in qualche modo investite da questa corrente.                            inventarsi le cause
                                                                                          delle    migrazioni,
                                                                                          di quella genetica
            soprattutto. Aristotele che riteneva il solo luogo di riproduzione del tonno e dei Tonnidi in generale,
            essere il Ponto e le sue adiacenze, cioè la Palude Meotide (Mar d’Azof) formulò la teoria della migrazione
            circolare del tonno in Mediterraneo, scrisse: “il tonno migrante, in grandi schiere entra insieme alle
            pelamidi nel Ponto a primavera, vi passa l’estate ed in autunno ne esce, seguito dai cordili”, cioè i giovanili.
            E continua: …“d’inverno, al cadere di Arturo (stella della costellazione di Boote; tramonta a novembre),
            il tonno si nasconde nelle profondità marine là dove viene colto dalla cattiva stagione. Solo qualche
            individuo isolato è possibile pescare”. Ed in altro passo “…i tonni d’inverno si nascondono nelle profondità
            marine e vi divengono più grossi” (Parona, 1919). In conclusione, tutti gli autori antichi sono concordi
            nel ritenere che i tonni entrino da Gibilterra e che d’inverno scendano in profondità là dove l’inverno li
            coglie. Nulla si dice perché poco si sa del tonno di ritorno, cioè del tonno che si è già riprodotto (post
            genetico od intergenetico) scampato alle catture. Poiché il fenomeno dell’approfondamento o discesa
            in profondità interessa i tonni post genetici, ma anche i giovani tonni delle prime classi di età, ma non
            ancora riprodottisi, questi animali furono chiamati “golfitani”, cioè animali legati alle acque dei vari
            golfi costieri dove essi erano nati e cresciuti nella stagione primaverile, estiva ed autunnale. Comincia
            così a prendere piede l’ipotesi che ci siano due popolazioni di tonno, una atlantica che si manifesta
            in Mediterraneo in primavera-estate con i tonni adulti riproduttori ed un'altra locale, mediterranea,
            che comprenderebbe i golfitani oltre che gli adulti locali. L’ipotesi venne ripresa e ripetuta da diversi
            autori, alcuni anche studiosi di chiara fama, ma non resse perché la realtà era un’altra. Francesco Cetti
            (1777) riprende la teoria della migrazione circolare del tonno ed afferma che ci sono diverse aree di
            riproduzione in Mediterraneo e non una sola (il Ponto) come indicato da Aristotele ed autori successivi.
            Indica anzitutto la regione a Sud delle Baleari e le coste spagnole di Alicante e Cartagèna, indica poi le
            coste orientali della Sardegna, le coste della Sicilia e della Tunisia e la parte meridionale del Tirreno. E
            tutto questo è vero perché in quei luoghi indicati operavano delle tonnare che catturavano tonni in fase
            genetica. Ovviamente Cetti sconosce quale sia il fattore che lega tutti i luoghi indicati, cioè la corrente
            atlantica entrante e le sue diramazioni, in cui si sono incanalati i tonni maturi geneticamente per via
            della loro caratteristica biologica di essere “reotropici positivi”e cioè di muoversi in favore di corrente



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