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I. I Florio armatori                                 259

        indennizzo a parte. Un tentativo di fusione delle due società,
        ben visto inizialmente da Ignazio Florio, che sperava di ri-
        lanciare il progetto della grande compagnia nazionale non
        realizzato dal padre, e sollecitato dagli ambienti commer-
        ciali palermitani e da un vasto schieramento politico, fu
        bloccato dalla decisione del Banco di Sicilia, verso cui La
        Trinacria era più esposta, di sospendere la concessione di
        ulteriori finanziamenti e di chiederne il fallimento, di cui si
        avvantaggiò la Piroscafi Postali che, dopo averne acquisito il
        naviglio, le subentrò anche nella convenzione postale per il
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        Levante , ottenendo il plauso del mondo politico, per il
        quale «Florio con quell’atto [l’assunzione del servizio per il
        Levante] di rara arditezza aveva compiuto un atto di vero
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        patriottismo» .
           La Società di Florio si avvantaggiava inoltre della chiusu-
        ra della Danovaro-Peirano (ex Accossato), costretta nel 1877
        alla liquidazione perché il governo non le concedeva il rin-
        novo della convenzione, ma soltanto una proroga di qual-
        che anno, dato che lo sviluppo della rete ferroviaria italiana
        rendeva superflue le linee marittime da essa servite: le sue
        dieci navi vennero rilevate da Florio e da Rubattino, che in-
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        vece non avevano avuto difficoltà a ottenere il rinnovo .
           La nuova convenzione del febbraio 1877 era valida sino
        al 1891, con rinnovo tacito di anno in anno, salvo disdetta.
        La Società di Florio – che contava ormai 41 piroscafi – si as-
        sicurò i servizi tra la Sicilia e il continente, con le dirama-
        zioni per Malta e per Tunisi, e fra l’Italia e il Levante, linee
        queste ultime già gestite da La Trinacria, e portava la sua
        quota di partecipazione alle sovvenzioni statali dal 21,7% del
        1876 al 44,3% del 1877 (Rubattino dal 37,6% al 42,2%), per
        un contributo annuo di 3.588.400 lire (superiore di 171.915
        lire a quello percepito contemporaneamente da Rubattino),
        una somma cioè che equivaleva a un robusto finanziamen-
        to che sul mercato isolano essa non avrebbe mai potuto re-
        perire, come dimostra il caso Trinacria. Se il balzo più spet-
        tacolare era realizzato dalla Piroscafi Postali, che – grazie ai
        notevoli appoggi di cui Florio godeva negli ambienti politi-
        ci italiani – raddoppiava la sua quota e inoltre riusciva a ot-
        tenere condizioni complessive migliori della Rubattino, le
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