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I. I Florio armatori 261
Artibali con 100. Dopo i Florio, la maggiore interessenza era
quella dei Giachery, Vincenzo e figli, per complessive 400
azioni. Per il resto si trattava di soci che gravitavano per le
loro attività nell’orbita di Florio (Santocanale, costruttore di
navi a vela, Raffo, Buonocore e altri), o erano a lui legati da
rapporti di amicizia, come nel caso del marchese delle Fa-
vare e di Luigi Scalia (noto patriota, molto amico di Crispi
e di Aurelio Saffi), dell’on. Fabrizi (più tardi segretario del-
la Commissione parlamentare sul disegno di legge per la fu-
sione delle società Florio-Rubattino).
Il nuovo aumento di capitale – per la cui autorizzazione
presso il ministero di Agricoltura, Industria e Commercio si
interessò il senatore Gregorio Caccia 42 – comportò l’emis-
sione di una seconda serie di 16.000 azioni per un valore di
altri 8 milioni di lire, sottoscritte immediatamente per 4/5
(12.800 azioni per 6.400.000 lire). I soci avevano diritto a
sottoscriverne in numero pari a quelle della prima serie in
loro possesso e poiché Florio ne acquistò 10.000, dobbiamo
ipotizzare che la sua partecipazione alla Società equivalesse
al 78%. Le altre 2.800 azioni rimasero nell’ambito dei vec-
chi soci, sottoscritte da De Pace (1.300 azioni), Vincenzo
Giachery (400), Artibali (200), Santocanale (140), Radini
(140), Ernesto Giachery (100), Luigi Giachery (100), Por-
talupi (100), Ricca (100), Buonocore (80), Scalia (40), Me-
dici (40), Fabrizi (40), Scavo (20), mentre non esercitarono
il loro diritto di acquisto il marchese Ugo, Caminneci, Sar-
torio, Raffo e Morso, per complessive 450 azioni. La fami-
glia Florio nel complesso si accaparrò il 90,6% delle nuove
azioni e non lasciò nessuna azione a disposizione di even-
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tuali nuovi acquirenti . A parte gli utili derivanti dalla sua
quota di partecipazione azionaria, Ignazio Florio, in quanto
gerente a vita della Società (con diritto del figlio primoge-
nito Vincenzo, a lui però premorto, a succedergli), aveva an-
che diritto a diversi altri compensi. Gli utili netti, dopo il pa-
gamento delle spese e l’ammortamento annuo, venivano in-
fatti ripartiti nella seguente misura: 1) al gerente il 4,5% e
al Consiglio di sorveglianza l’1,5%; 2) agli azionisti un inte-
resse pari al 6% del capitale impiegato; 3) il resto al geren-