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260 Parte seconda. Uomini e imprese
due maggiori società di navigazione italiane con le conven-
zioni del 1877 riuscivano a imporre il loro monopolio nel
campo delle sovvenzioni statali, lasciando alle altre compa-
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gnie appena il 13,5% .
Per meglio far fronte ai nuovi impegni, l’assemblea ge-
nerale dei soci della Piroscafi Postali nel giugno 1877 deci-
se di raddoppiare il capitale sociale e di modificare alcuni
punti dello statuto. Nell’occasione, risultarono rappresenta-
te soltanto 3.655 azioni (sulle 16.000 in circolazione), in ma-
no ai seguenti soci (tra parentesi il numero delle azioni):
Ignazio Florio (2.000), Luigi De Pace (200), marchese Pie-
tro Ugo delle Favare (200), Vincenzo Giachery (200), Lo-
renzo Giulio Caminneci (120), Ernesto Giachery (100), Lui-
gi Giachery (100), Giovanni Portalupi (100), Lauro Artiba-
li (100), Francesco Ricca (100), Salvatore Buonocore (83),
Emanuele Sartorio (60), Napoleone Santocanale (42), Lui-
gi Scalia (40), Trifonio Medici (40), Michele Raffo (40),
Epaminonda Radini (40), Alessandro Fabrizi (40), Carlo
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Morso (30), Ignazio Scavo (20) . Sorge il problema della
esiguità del numero di azioni in mano a Florio e della di-
stribuzione delle altre 12.345 azioni mancanti. Non ho dub-
bi che le 2.000 azioni da lui rappresentate nell’assemblea del
giugno 1877 fossero quelle che egli, in quanto gerente, do-
veva per statuto tenere depositate presso la stessa Società.
Poiché inoltre, sempre per statuto, ogni socio aveva diritto
a un numero limitato di voti, indipendentemente dal nu-
mero delle azioni possedute, non c’era alcun motivo che
Florio depositasse le altre azioni in suo possesso, in quanto
già le 2.000 presenti erano sufficienti a dargli il massimo dei
voti consentito dallo statuto. Certamente una parte delle
12.345 azioni mancanti erano in mano a soci assenti all’as-
semblea, ma doveva trattarsi di una quota modesta: il resto
apparteneva ancora saldamente a Florio. Quali potessero es-
sere i rapporti di forza all’interno della società, lo vedremo
meglio comunque più oltre, al momento della sottoscrizio-
ne dell’aumento del capitale.
C’è da rilevare intanto che della Società facevano parte
alcuni congiunti di Florio: il cognato Luigi De Pace con 200
azioni, lo zio Giovanni Portalupi con 100 e il cugino Lauro