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I. I Florio armatori 271
5); Ginevra, presso i sigg. Bonna e C. (1.191; 8); Neuchâtel,
presso i sigg. Pury e C. (4.316; 15); Napoli, presso il Banco
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S. Laganà e C. (2.600; 2) .
Le azioni depositate a Palermo rappresentavano il
64,32% delle azioni depositate e il 33,82% delle azioni emes-
se. Rispetto all’assemblea ordinaria del 1883, a Palermo si
verificava un aumento del numero delle azioni depositate
(+4.400) e degli azionisti (+6). Alcuni azionisti, pur avendo
depositato le azioni, non parteciparono però all’assemblea,
né ritennero di farsi rappresentare delegando altri azionisti:
è il caso, ad esempio, dei palermitani sen. Andrea Guarne-
ri (200 azioni) e Francesco Varvaro Pojero (200). In effetti,
gli azionisti personalmente presenti all’assemblea erano po-
chissimi, appena 15 sugli 83 che avevano depositato le azio-
ni. A parte i componenti del consiglio di amministrazione
Florio, duca della Verdura, Luigi De Pace, comm. Domenico
Gallotti (presidente), principe Giuseppe Borghese, comm.
Antonio Capecelatro, comm. Ernesto D’Amico, cav. Salva-
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tore Laganà , comm. Filippo Pozzoni e principe Francesco
Ruffo di Palazzolo – ognuno dei quali, ad eccezione di De
Pace (detentore di 1.700 azioni), risultava in possesso di so-
le 200 azioni, quelle cioè lasciate in deposito nelle casse so-
ciali in quanto amministratori in carica – intervennero per-
sonalmente soltanto Carlo Giovone (25 azioni) e Stefano
Repetto (200). Il resto delle azioni presenti in assemblea –
che costituivano di gran lunga la maggior parte – era rap-
presentato dal cav. Angelo Orlando (31.500 azioni, tutte
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provenienti da Palermo) , dal cav. Tito Pinchetti (11.463
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azioni) , dal cav. Agostino Crespi (3.916 azioni) e dall’avv.
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Rodolfo Saggiotti (1.192 azioni) .
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Florio era ancora certamente il maggiore azionista della
Società, ma evidentemente per le sue azioni si serviva di pre-
stanome, che vanno individuati tra gli azionisti palermitani
che per l’assemblea delegarono il cav. Angelo Orlando: Mu-
coli, Pellegrini e Scavo, ad esempio, erano sicuramente di-
pendenti di Florio, e non è improbabile che lo fossero an-
che alcuni altri. Il ricorso a prestanome serviva tra l’altro ad
aggirare l’art. 34 dello statuto, secondo cui «niuno può per
sé stesso avere o delegare più di venti voti [= 2.000 azioni]