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I. I Florio armatori                                 273

        abbondantemente il fondo di ammortamento di circa 3 mi-
        lioni e mezzo l’anno, cosicché si rivelavano inutili e odiose
        le «guarantigie» richieste dal governo. Ma poiché «la legge
        è così fatta», la Società doveva necessariamente adeguarsi e
        chiedere al Credito Mobiliare Italiano, banchiere della NGI,
        e alla ditta I. e V. Florio di garantire in solidum al governo
        l’adempimento degli obblighi imposti dalla legge. L’assem-
        blea approvò e lo stesso giorno la Banca e Ignazio Florio
        concessero la loro garanzia (ottobre 1893).
           Malgrado il giovane Florio avesse già dato inizio alle sue
        folli spese, la situazione finanziaria della Casa era ancora so-
        lidissima: il Banco Florio poteva permettersi di accettare
        operazioni a riporto sui titoli della NGI e la sua garanzia per-
        sonale bastava alla Banca Nazionale per convincerla a scon-
        tare cambiali al Credito Mobiliare in difficoltà. Quando
        però egli si decise a fornirla, era troppo tardi e il Mobiliare,
        di cui da pochi mesi era uno degli amministratori, esposto
        per 53 milioni verso la Banca Nazionale, fu costretto a chiu-
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        dere i battenti (novembre 1893) . Il fallimento del Credito
        Mobiliare dovette costare parecchio a Florio e forse in esso
        bisognerebbe cercare una delle cause non secondarie della
        sua crisi finanziaria. Tra l’altro, proprio all’inizio del 1893 il
        Mobiliare aveva aperto una sede nei locali del Banco Florio
        ed egli, per il buon nome della sua Casa, si sentì moralmente
        impegnato a rimborsare i depositanti. Ciò dovette creargli
        delle difficoltà e forse anche una crisi di liquidità, se fu co-
        stretto a chiedere alla Banca Commerciale una apertura di
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        credito per 2 milioni di lire .
           Altre perdite Florio subiva con la NGI, le cui azioni ne-
        gli ultimi sei mesi 1893 vedevano cadere il loro valore del
        15% e l’anno successivo toccavano la quotazione di 228,50
        lire, ciò che portava alle dimissioni del direttore generale
        Giovanni Laganà, accusato di cattiva amministrazione, che
        Florio sostituì con il presidente del Banco di Genova Era-
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        smo Piaggio, nominato anche amministratore delegato . La
        caduta dei titoli NGI era conseguenza dello stato economi-
        co della Società armatoriale, che registrava un valore d’in-
        ventario gonfiato – da tempo dalla Borsa non ritenuto più
        rispondente alla realtà, perché non teneva conto della ve-
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