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            – peraltro scarsamente commerciabili sul mercato – a dan-
            no della società di navigazione. E infatti nel 1933 si rileverà
            come i titoli azionari della Finanziaria Florio «meritavano al-
            lora [cioè al momento dell’acquisto da parte della società di
            navigazione] e meritano tuttavia una reale svalutazione» 138 .
               L’esercizio del 1928, quando ancora le modifiche alla
            convenzione del 1925 non erano entrate in vigore, si chiu-
            se per la Società con un utile di quasi 2 milioni, che fu por-
            tato a decurtazione delle perdite precedenti 139 . E tuttavia
            il corso delle azioni non ne ebbe grande giovamento, se nel
            maggio 1929 la Banca Commerciale poté acquistare 20.000
            azioni di proprietà della Italia-Società di Navigazione al prez-
            zo di 337,50 lire cadauna 140 . I tre esercizi successivi si chiu-
            sero con utili dell’ordine di circa 3 milioni l’anno, che con-
            sentirono alla Società di distribuire agli azionisti dividendi
            del 5-6% 141 , certamente non disprezzabili in considerazione
            della crisi economica attraversata dal paese dopo il 1929.
               La crisi economica fu invece fatale a diverse compagnie
            che non avevano potuto contare come la Florio su una re-
            visione delle convenzioni con lo Stato. Il governo si convin-
            ceva allora dell’opportunità di concentrare in quattro gran-
            di società le quindici compagnie di navigazione allora esi-
            stenti e, nel marzo 1932, la Florio – il cui capitale azionario
            era allora in buona parte in possesso della Società Finan-
            ziaria Industriale Italiana di Milano (Sofindit), presieduta
            dal palermitano on. Guido Jung, non ancora ministro delle
            Finanze, e della Società Finanziaria Florio – fu chiamata ad
            assorbire la Citra (Compagnia Italiana Transatlantica), il cui
            capitale sociale di 60 milioni, in maggioranza in possesso
            della Società Finanziaria Italiana (Sfi) presieduta da Mario
            Rossello, si era ridotto al momento della fusione a circa un
            quarto, se il suo apporto alla nuova società, in considera-
            zione delle passività, fu valutato in appena 15 milioni e
            800.000 lire nette. Per la Florio si trattava di un ottimo af-
            fare, perché acquisiva un patrimonio navale in gran parte
            nuovo a condizioni relativamente modeste.
               Alle due cessate compagnie subentrava così nelle con-
            venzioni marittime la Tirrenia (Flotte riunite Florio-Citra),
            forte di 40 piroscafi, con sede sociale a Roma, direzione ge-
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