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I. I Florio armatori                                 289

        nerale a Napoli e capitale sociale di 65 milioni ripartito in
        130.000 azioni da 500 lire cadauna (100.000 ai soci della ex
        Florio e 30.000 ai soci della ex Citra) 142 , in larga maggio-
        ranza nelle mani della Sofindit e della Finanziaria Florio,
        che a fine 1932 possedevano rispettivamente 50.060 (38,5%)
        e 46.200 azioni (35,5%) 143 . Del capitale sociale della Tirre-
        nia facevano parte anche l’intero pacchetto azionario della
        Società Agenzie Florio (5.000 azioni del valore nominale di
        500 lire cadauna), 2.250 azioni della Finanziaria Florio per
        complessive 25.000 lire e 10.000 azioni della Società Grandi
        Alberghi Siciliani (per complessive 200.000 lire), la società
        cui apparteneva Villa Igiea: si trattava di azioni che in vari
        tempi i Florio avevano ceduto alla ex Florio-Società di navi-
        gazione, ormai completamente svalutate, se il valore a bi-
        lancio corrispondeva per le azioni della Finanziaria Florio a
        11 lire cadauna (valore nominale 500 lire) e per le azioni
        SGAS a 20 lire (valore nominale 100 lire) 144 .
           Il consiglio di amministrazione della nuova società ven-
        ne quasi interamente rinnovato: presidente fu eletto l’am-
        miraglio conte Carlo Pignatti Morano, con Linch e l’ammi-
        raglio Alessandro Ciano consiglieri delegati e Ignazio Flo-
        rio, il conte Tagliavia, l’on. avv. Giuseppe Marchesano e l’on.
        Biagio Borriello consiglieri. I Florio erano riusciti quindi a
        mantenere ancora un certo controllo della Tirrenia, anche
        se non avevano il controllo delle loro azioni. All’assemblea
        ordinaria del 30 marzo 1933, per l’approvazione del bilan-
        cio dell’esercizio 1932, la Società Finanziaria I. e V. Florio,
        titolare di 50.200 azioni Tirrenia, veniva infatti rappresen-
        tata da Silvio Zaban, cioè da colui che rappresentava la So-
        findit per le sue 49.760 azioni e la Banca Commerciale Ita-
        liana per altre 300 azioni, controllate dalla stessa Sofindit
        che in precedenza aveva rilevato dalla Comit tutte le sue par-
        tecipazioni industriali 145 . La Sofindit, a sua volta, si avviava
        verso la liquidazione e da qualche giorno aveva svalutato il
        suo capitale azionario da 300 a 120 milioni, per riportarlo
        subito dopo a trecento. Contemporaneamente, aveva chie-
        sto all’IRI – l’Istituto per la ricostruzione industriale fonda-
        to da Mussolini proprio nel gennaio precedente, dopo al-
        cuni colloqui con il ministro delle Finanze Jung, presiden-
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