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Mozia. Il cothon
(foto Fondo ORAO).
stante in località “Birgi”; il bacino di ca-
renaggio ed approdo (cothon) e molti
santuari. Tra questi ultimi il tofet, in cui
venivano deposti i resti combusti di offer-
te e sacrifici al dio Baal Hammon, ha re-
stituito più di mille stele scolpite che co-
stituiscono il più importante corpus scul-
toreo di ambito fenicio-punico. La cosid-
detta area industriale della città, posta in
un settore periferico lungo la costa set-
tentrionale e orientale per proteggere l’a-
bitato dai fumi delle officine, è caratteriz-
zata dalla presenza di numerose fornaci
per la produzione di laterizi e vasi, la cui
forma “ad omega” ricalca fedelmente noto nell’antichità dalle fonti letterarie
quella dei più antichi forni della madre- anche per la presenza di una sorgente
patria. Tra le diverse strutture funzionali (presso l’attuale Chiesa di S. Giovanni).
alle attività economiche della città il co- Nessun dato archeologico ha mai attesta-
thon ne costituiva una delle principali; to, allo stato delle attuali conoscenze, l’e-
era costituito da una piccola darsena col- sistenza di un centro stabile organizzato
legata al mare attraverso un canale che in anteriore alla prima metà del IV sec. a.C.:
un certo periodo della sua storia, dopo un un vero e proprio agglomerato urbano
progressivo insabbiamento, servì da baci- può dirsi definito dal 397 a.C. in poi,
no di carenaggio per costruire e riparare quando i superstiti della vicina isoletta fe-
le imbarcazioni. Gli altri approdi dell’iso- nicia di Mozia, distrutta dal tiranno sira-
la erano situati invece lungo la costa set- cusano Dionisio, fondarono la città.
tentrionale, di fronte alla Porta Nord, il Lilibeo divenne ben presto una inespu-
principale ingresso alla città. Qui si svol- gnabile base militare cartaginese. La città
sero i più violenti attacchi nemici che si occupava un grande quadrilatero delimi-
conclusero nel 397 a.C. con la distruzio- tato dai lati SO e NO dal mare; i lati SE
ne della città a opera del tiranno Dionisio e NE, dalla parte della terraferma, erano
di Siracusa. Nel corso di quella guerra, le difesi da un profondo fossato e da una
numerose e belle case di cui parla Dio- possente cinta muraria, rafforzata da tor-
doro Siculo vennero rase al suolo, la città ri. Sul lato nord-orientale, oltre il fossato,
abbandonata al saccheggio delle truppe e si estendeva una vasta necropoli. Grazie
i cittadini massacrati. Gran parte dei su- alle imponenti fortificazioni, Lilibeo riu-
perstiti allora abbandonò l’isola per fon- scì a resistere all’assedio del tiranno Dio-
dare Lilibeo, l’odierna Marsala, sulla co- nisio nel 368 a.C., e a quello di Pirro, nel
sta antistante; qualcuno rimase a Mozia, 277 a.C.
ma la città non risorse mai più allo splen- Nel corso della prima guerra punica, Lili-
dore e alla ricchezza dei suoi anni felici, beo costituì per i Cartaginesi la base di
sebbene venisse riconquistata l’anno suc- difesa per mantenere il dominio in Sici-
cessivo dai Cartaginesi. lia: i Romani, per lunghi anni, bloccaro-
Lilibeo (l’odierna Marsala) sorse sull’estre- no la città per terra e per mare, ma i car-
mo limite occidentale della Sicilia (Capo taginesi Imilcone e Annibale riuscirono
Boeo). Il nome è strettamente legato alla comunque a mantenere le comunicazioni
particolare posizione geografica del sito, con l’Africa.
Sebastiano Tusa 60